di FABRIZIO DELL'OREFICE SPIARE si può.

Dirigersi verso la stanza delle dichiarazioni patrimoniali, prendere un foglio di carta e fare richiesta di consultazione ai sensi dell'articolo 8 della legge 441 del 1982. Esatto, avete letto bene. Da 25 anni deputati e senatori, ministri e sottosegretari, sino ai consiglieri comunali, sono tenuti a consegnare le loro dichiarazioni dei redditi. E qualunque cittadino ha il diritto di poterle visionare. Ha il diritto di «spiare», visto che è questo il termine che è stato utilizzato, su quanto guadagnano i deputati (i dati più recenti si riferiscono ai redditi 2004). Per esempio, si può sapere che Dario Franceschini ha ceduto la sua casa di Ferrara alla moglie e se n'è comprata una a Roma. Che Giorgio Benvenuto ha ceduto una villetta a Lido Estense. Che Francesco Rutelli ha guadagnato 127mila euro, Sergio D'Antoni 258mila, il ministro Vannino Chiti 128mila (e s'è fatto fare la pratica da un ufficio Cna e non della Cgil, come la maggior parte dei diessini). Che Pier Ferdinando Casini aveva azioni di Telecom Italia Media, Generali, Lottomatica, Fiat, Luxottica e persino della Mediaset dell'odiato Berlusconi e della «rossa» Unipol. Conoscere le situazioni patrimoniali dei parlamentari, dunque, si può. È un diritto previsto dalla legge. Poi esiste lo spionaggio vero e proprio, magari assumendo informazioni per rivenderle. La Procura di Milano indaga per verificare se vi siano stati controlli abusivi. Si vedrà insomma se effettivamente ci siano stati casi fuori dall'ambito tracciato dalla legge. Quello che sta accadendo però finirà per intimorire iniziative di controllo su governanti, e non solo. È un processo iniziato nelle ultime settimane: con il nuovo governo, è arrivato un autentico giro di vite sui potenti. Intercettazioni vietate. Durante l'estate 2005, i giornali sono pieni di verbali di intercettazioni telefoniche. Si tratta di conversazioni di protagonisti del mondo della finanza e anche del governatore della Banca d'Italia. Ci sono persino sms personali. Berlusconi propone un decreto per vietarne la pubblicazione, ma il Quirinale dice no. Anche il cnetrosinistra si oppone. Un anno dopo, scandalo al contrario, e l'Unione, stavolta al governo, delibera il provvedimento di urgenza. Jene "silenziate". Le Jene, il programma di Italia Uno, svolge un'indagine sui deputati per controllare se siano consumatori di stupefacenti. I risultati sono allarmanti: il 30% dei parlamentari pare far uso di droghe. La puntata non va in onda: l'Authority della Privacy, presieduta dal prodiano Pizzetti, blocca il servizio perché in violazione della legge che tutela la riservatezza dei dati personali. Parte invece un'inchiesta sugli autori del programma che ha realizzato l'indagine. Piazza chiusa. Arriva la Finanziaria, scattano le proteste. Tocca ai tassisti, poi ai sostenitori del ponte sullo Stretto. Quindi lo stop. Fermi tutti. Piazza Colonna, sulla quale si affaccia Palazzo Chigi con l'ufficio di Romano Prodi, viene chiusa. Transennata con doppia barriera. Vietato protestare. Spenta la satira. Non esiste al momento alcuna imitazione del premier. Quelle su Berlusconi fioccavano. Scomparse anche le trasmissioni televisive del genere. Non si ride più. O almeno non si ride più sui potenti, visto che i programmi che prendono in giro i politici sono rimasti davvero pochi: Striscia la Notizia, Crozza Italia, Parla con me di Serena Dandini. Il rap bloccato. Eppure qualche barlume di satira s'era visto. A settembre, per esempio, quando Prodi è andato alla Camera a riferire sul caso Telecom. Sulle sue parole è stato costruito un rap diffuso su internet. Il Tg2 lo ha mandato in onda. Apriti cielo, l'Unione è insorta. Anche ridere è diventato più difficile. Tg1 sterilizzzato. Via Mimun, Riotta assicura un telegiornale adeguato e in linea. Il nuovo direttore lo ha fatto intervistare subito e ampiamente.