di NANTAS SALVALAGGIO Caro Cavaliere, stavo leggendo Charles Baudelaire - il mio poeta prediletto - ...

Non dirò quanti, perché i Cavalieri sono uomini senza età; e poi lei, lo confessi, ha un coté femminile assai pronunciato. Per cui vorrebbe nascondere le rughe e l'età, come accadeva a Greta Garbo e a Marlene Dietrich. Sicché mi vien fatto di dirle, a mo' di regalo: felicitazioni per il suo trentacinquesimo compleanno; gli anni che lei «si sente» (sono parole sue). E cosa importa se l'anagrafe accerta che lei ne porta il doppio sul groppone? Io prendo per buona la spavalda battuta che le è sfuggita ieri mattina: «Che ci posso fare se mi sento ancora un giovanotto?». Alcuni giornali stranieri, nel fare un consuntivo della sua avventura politica, sostengono che lei ha cambiato il suo Paese, aprendo la strada a una moderna alternanza tra destra e sinistra, tra liberal ed ex-post comunisti. E tuttavia, pur temendo di darle un dispiacere, io rimpiango il Berlusconi d'antan, l'editore che ho conosciuto parecchi anni fa in Sardegna, insieme agli autori della casa editrice Mondadori. Era così divertente parlare con lei di libri e di sport, di cinema e di pallone. Lei aveva una sorta di venerazione per l'olandese Van Basten del Milan, il centravanti che lei avrebbe voluto essere. «Ma non si può avere tutto dalla vita» osai commentare. E lei sorrise. Fu durante quel nostro convegno in Costa Smeralda che lei fece il suo gioco di prestigio, tirando fuori dal cilindro la sorpresa di Forza Italia. Ricordo nitidamente quel suo breve discorso nel teatrino dell'albergo, quando annunciò la sua «discesa in campo», la sua determinazione a entrare nel circo della politica. Io ne fui scosso e deluso, non ho difficoltà ad ammetterlo; e con me tanti altri poeti e romanzieri. Un amico fraterno, Carlo della Corte, mi soffiò in un orecchio: «Siamo proprio jellati: avevamo un editore fantasioso, e adesso ci dice che se ne va». Ben diversa fu invece la reazione dei librai, una cinquantina di «missionari del libro» che venivano da ogni città d'Italia. A dispetto di quello che pensavamo noi, cacadubbi intellettuali, gli uomini delle vendite esultarono. «Finalmente uno che ha la mentalità moderna» sentii dire alle mie spalle. E un altro aggiunse: «Ha energia da vendere, e poi lo assiste il fattore C. Tutto quello che tocca, come succedeva a Creso, si trasforma in oro». La sera cenammo nel giardino dell'albergo, l'aria era dolce e il cielo stellato. Il Berluska girava tra i piccoli tavoli, chiacchierava con gli autori e baciava la mano alle signore. A una di queste, tale Giovanna con occhi di velluto, recitò un sonetto del poeta Tagore. Venne anche il mio turno e lei sedette accanto a me. Proprio quella sera era arrivata la copia-staffetta di un mio romanzo. Lei lo accarezzò come fosse un collier di Tiffany, e poi bisbigliò: «In bocca al lupo». Io risposi «Crepi»; ma le dissi anche: «Senta, dottore: mi dicono che lei ha la fortuna sui polpastrelli. Le dispiacerebbe apporre una firma?». Come un attore che inventa una gag, lei disse: «Senta, sior Nantas, farò di meglio: mi ci siederò sopra». Il che avvenne. Sarà un caso, ma il libro fu tradotto pure in russo. Fra le notizie uscite in occasione del suo 70° compleanno (ma sì, diciamolo: cento di questi giorni), mi ha colpito un dettaglio: questa sera non inviterà gli amici al solito ristorante di via Montenapoleone, ma farà festa in casa, con la moglie Veronica e i suoi cinque figli. Dopo una cena semplice, menù popolare, taglierà la torta con i colori del Milan e una sola candelina, che è pure troppo. Dopo di che farà uscire da una scatola di cartone il suo chitarrista prediletto, Apicella, e insieme a lui canterà per la sposa un paio di canzoni napoletane, a cominciare da «Te vojo bene, te vojo bene assaie». Al momento di stappare un Moet-Chandon (lo champagne che Totò chiamava «Mo' esce Antò»), non è escluso che il Cavaliere, prendendo la mano della compagna, si rallegri di non essere al timone di Palazzo Chigi. Con questi chiari di luna, gli toccherebbe una cena fredda, due o tre cellulari sulla scrivania, e il mi