LA GUERRA IN MEDIO ORIENTE

Dura l'affermazione di Franco Giordano, segretario di Rifondazione Comunista (nella foto), alla luce del via libera alla risoluzione Onu. Come a dire, l'Italia invierà migliaia e migliaia di soldati italiani dopo aver ottenuto il consenso di un gruppo che vive al limite della legalità. Se gli Hezbollah accetteranno la nostra presenza, l'Italia mandarà in Medio Oriente i suoi militari. Lo stesso leader Hassan Nasrallah non ha respinto la risoluzione Onu, ma ha anche sollevato alcuni problemi. Una questione che dovrà essere risolta nel più breve tempo possibile, e che porterà, all'interno della maggioranza, a forti scontri. Una situazione che, a ventiquattr'ore dal via libera alla risoluzione Onu, fa cadere dunque il governo subito nel caos. Immediato infatti il botta e risposta tra i parlamentari che hanno vinto le elezioni politiche lo scorso aprile. «Bisogna andare in Libano, non ci possiamo tirare indientro». Accanto a queste affermazioni tuonano le parole di altri leader della maggioranza: «L'approvazione è giusta, ma tardiva, occorre mettere fine alla guerra conuna forte azione della comunità internazionale». Esiste tra queste due «fazioni» anche una terza opinione sulla scelta del governo italiano di inviare migliaia e migliaia di militari per mettere fine alla battaglia tra Israele e il Libano. Quella di Marco Ferrando, del Movimento per il partito comunista dei lavoratori: «La missione multinazionale in Libano, cui il governo Prodi-D'Alema si accinge a partecipare, è tutt'altro che una missione di pace. È una missione che ha lo scopo di sigillare con targa Onu i nuovi rapporti di forza scaturiti dalla guerra d'aggressione di Israele contro il Libano. Le truppe avranno la funzione di occupare il terreno arabo conquistato da Israele, di commissariare di fatto l'esercito libanese, di impedire il ritorno degli Hezbollah sulla loro terra e di disarmare ogni loro resistenza». Decisamente contrario è invece il ministro della Giustizia Clemente Mastella, che è in totale armonia con le decisione del presidente del Consiglio Romano Prodi. «Siamo favorevoli a una partecipazione italiana alla forza multinazionale di pace nel Libano del Sud, come deciso dalla risoluzione Onu votata dal Consiglio di Sicurezza. Mi auguro che le armi possano finalmente tacere e che si apra presto un serio negoziato di pace». Non mancano inoltre le posizioni politiche sui tempi della risoluzioni. In molti infatti sostengono che siano scelte tardive, che si rischia di arrivare in Medio Oriente quando oramai Israele ha concluso la sua «missione» contro il Libano. Non c'è dubbio che la risoluzione «sia tardiva», sottolinea Mauro Bulgarelli, senatore dei Verdi e uno degli otto «dissidenti» di Palazzo Madama sull'Afghanistan. E ancora: «A decidere sia il Consiglio di Sicurezza, che certo non è la struttura più limpida che ci sia al momento» e che infatti ha «dato tutto il tempo a Israele». Posizione condivisa anche da Alfonso Pecoraro Scanio, presidente dei Verdi. «L'ipotesi di inviare soldati italiani nel Libano del Sud non ci convince». Lo hanno inoltre sottolineato Salvatore Cannavò e Franco Turigliatto deputato e senatore del Prc, altri due dei «dissidenti», che diedero battaglia al momento a Camera e Senato del ddl sulle missioni internazionali. «Una soluzione - concludono i due parlamentari - che non solo rischia di far salire la tensione, ma rinuncia ad assumersi il compito di affrontare l'intera questione mediorientale a partire dal legittimo diritto del popolo palestinese a un proprio stato. Invece di promettere l'invio di truppe italiane, il governo Prodi farebbe bene a riprendere l'iniziativa diplomatica per favorire un reale accordo di pace e garantire così un impegno internazionale a favore delle legittime aspirazioni di tutti gli Stati e dei popoli della Regione». Il nodo hezbollah è comunque quello che dovrà essere sciolto dal presidnete d