Rai, dietro i record gli uomini-macchina
«La Rai è la Rai, ha l'appeal particolare del servizio pubblico», dicono alcuni nei corridoi di viale Mazzini, ma sanno che non è tutt'oro quel che luccica. Di momenti bui il «cavallo» ne ha visti tanti in passato: con conti in rosso fisso e ascolti in picchiata a causa di un Biscione dalle uova d'oro. Ora, anzi da un po', il vento è cambiato e quel centrodestra al governo accusato di conflitto di interessi, in realtà, ha prodotto l'effetto contrario. È successo esattamente il contrario di quello che avevano pronosticato le Cassandre dell'opposizione: Berlusconi a Palazzo Chigi uguale vittoria Mediaset e Rai allo sbando totale. Insomma, ci saremmo aspettati almeno un «beh, c'eravamo sbagliati...» e invece niente. Certo qualche polemichetta c'è. Quella su «Batti e ribatti» che deve ricominciare, su Santoro e il suo arrivo a tappe, sulla telenovela Al Bano-Lecciso che riempie le reti... E poi ci sono l'allarme sui conti e l'allarme sul canone che più di 5 milioni di italiani non vogliono pagare... Insomma, la Rai, quella delle polemiche c'è sempre. Non è che regni proprio la pace. Ci sono i partiti interni delle varie correnti di potere, le lobby e i disoccupati di lusso in attesa di incarico. Ma intanto questa nave da crociera fende i flutti alla grande, nonostante tutto. E Mediaset va giù, malgrado la valanga di professionisti seri che si fanno in quattro ogni giorno per mandare avanti le sue reti, dove sicuramente non esistono «secondi piani» dove circa 20 dirigenti scaldano la sedia sfogliando solamente i giornali. Alla Rai c'è chi cerca una spiegazione a tutto ciò: «Al buon esito o al flop di una determinata trasmissione concorrono molti fattori, che vanno dalle caratteristiche del prodotto, alla controprogrammazione alla identità/credibilità dell'emittente», sostiene il consigliere della Rai, Sandro Curzi, commentando i dati dell'ultima settimana, aggiungendo con un po' di presunzione, che se quel «Sacco e Vanzetti» «fosse stato prodotto sulle reti Rai, avrebbe avuto ben altro consenso». Alla Rai sono molto snob. E non si curano quasi del fatto che le reti Rai in prima serata raggiungono il 49.83% di share rispetto al 38.80% delle reti Mediaset; in seconda serata il 50.27% contro il 35.09% e nell'intera giornata il 48.89% di share rispetto al 38.10%. Una vittoria che nasconde alcuni piccoli segreti. Quelli degli uomini d'oro di viale Mazzini. Quegli uomini «macchina» che nessuno conosce, ma che costituiscono il plusvalore di quel carrozzone che è la Rai. Se infatti uno dei massimi punti di forza di viale Mazzini è proprio la fiction di Agostino Saccà, non bisogna dimenticare che il suo uomo-macchina è Max Gusberti. Si deve infatti alla sensibilità del vicedirettore di Raifiction quel campionario di scelte azzeccate in questo settore. Ma, in uno scorcio di stagione in cui tutto va a gonfie vele per la Rai e Raiuno, lo stesso Saccà avverte: «Stupido cantare vittoria e basta - dice - La difficile stagione di Mediaset va interpretata e non va sottovalutata la capacità di reazione di quell'azienda, guai ad abbassare la guardia...». Secondo uomo-d'oro della Rai è invece Chicco Agnese, vice del palinsesto che conosce le alchimie che trasformano una serie di prodotti di successo in un palinsesto di successo. Dulcis in fundo gli uomini-simbolo. Per quale motivo Bonolis ha fallito sul calcio? Perché non si chiama Galeazzi né Maffei. E per lo stesso motivo il dg Meocci, dopo aver riciclato Baudo, sta cercando di riacciuffare pure Bongiorno. E non è un segreto che nessuno abbia fretta di restituire davvero il microfono a Santoro. Tantomeno il trio D'Alema-Fassino-Rutelli, che non lo ritiene affidabile. Ricorso in vista.