Socialisti nel caos, il Nuovo Psi ha due segretari

Da ieri sera di fatto ci sono due nuovi partiti socialisti. Gianni De Michelis e Bobo Craxi ne sono i segretari. Per tre giorni loro e i loro uomini hanno parlato, discusso, litigato, trattato e riparlato, ma alla fine non c'è stato niente da fare. La prossima volta, come dice qualcuno, si rivedranno in tribunale a litigarsi quello che è il vero tesoro conteso: il simbolo con il garofano. In mattinata c'erano stati momenti di tensione altissima. Mentre infatti dal palco ha iniziato a parlare un delegato calabrese, dalla platea si è alzato un coro di insulti rivolti verso lo stesso delegato. «Io sono un socialista, ho il diritto di contestare Gianni De Michelis se non sono d' accordo con la fase che il partito sta attraversando. Tu, dalla platea, sei un cretino e stai seduto». La parola evidentemente non è piaciuta al diretto interessato, che con un gruppo di compagni si è diretto sotto il palco e ha iniziato ad inveire contro il delegato che lo ha chiamato «cretino». Partono gli spintoni e qualcuno prova anche a tirare dei pugni. Intervengono gli addetti alla sicurezza per dividere i litiganti, mentre dal palco Gianni De Michelis, segretario del partito, prende la parola: «Si devono evitare risse, i compagni hanno diritto ad esprimere il loro dissenso ma devono rimanere seduti. Il primo che prova di nuovo ad alzare le mani lo faccio portare via dalla polizia». E in platea scoppia un applauso al grido di «Gianni-Gianni». Da ieri, comunque, quelal che doveva essere l'unità socialista è ricominciata ad essere semplicemente un sogno. Lì dove invece doveva diventare una realtà. La frattura si è consumata non tanto sulla possibilità di andare insieme ai socialisti di Boselli e ai radicali, ma proprio sul controllo del partito. Ieri la fiera di Roma sembrava essere l'ultimo posto in Italia dove la gente non si divide tra berlusconiani e prodiani. I circa duemila presenti hanno in testa solo la sorte del loro partito. E infatti la battaglia si gioca tutta intorno alla legittimità o meno dei delegati. A Roma, infatti, se ne sono presentati troppi. E questo perché in alcune regioni i congressi erano raddoppiati. Prima quelli riconosciuti da De Michelis, poi quelli di Bobo Craxi. Bisognava trovare un accordo politico per superare l'empasse. Per tre giorni ci hanno provato. De Michelis pensava di vincerli con lo sfinimento, ma alla fine invece hanno resistito di più i sostenitori di Craxi. Quando nel tardo pomeriggio parla De Michelis è per ammettere l'impossibilità di un accordo. Dice che il congresso non è mai stato aperto perché non c'era «una platea titolata a votare», ma che lui vuole mantenere il suo impegno per l'unità del partito e continuare ad esplorare la possibilità dell'accordo con il centrosinistra. Però quasi non riesce a parlare, è contestato da urlatori e i fan fanno fatica a incoraggiarlo: è dura superare il rumore dei fischi. Le ultime parole le pronuncia in un tale caos che è quasi impossibile sentire: "non ci fermeremo, continuerò a lottare per l'unità, ma nessuno ha diritto di veto». Finisce di parlare ed esce. Parte con la sua Mercedes salutato dai compagni che gli sono stati più vicini. Alla presidenza Franco Piro, uno dei leader del partito fedele alleato di Bobo Craxi, dice che il congresso va avanti, fa votare il suo ordine del giorno con il quale si chiede l'uscita della delegazione socialista dal governo e la fine dell'alleanza con la Casa delle libertà. Viene approvato a maggioranza, ad alzata di mano con delega tra eccitazione e confusione. Poi lo stesso Piro chiede al congresso di eleggere segretario Bobo Craxi. La folla lo acclama all'unanimità. Bobo ringrazia commosso. Anche lui alla fine è segretario.