Follini lascia, ora l'Udc aspetta Casini

Marco Follini se ne è andato sbattendo la porta. Si è dimesso da segretario dell'Udc con un discorso duro, attaccando tutto e tutti. Con un intervento che è stato anche l'ultimo sgarbo a Pierferdinando Casini, che ancora ieri lo aveva invitato, in un'intervista al Corriere della Sera, a non andarsene. Ma Follini aveva già deciso da tempo, sapeva d'altra parte di non avere più molte chance. Con il partito che lo aveva messo in disparte e con la certezza che a febbraio, sciolte le Camere, Casini si sarebbe comunque venuto a riprendere la segreteria dell'Udc. Meglio allora giocare d'anticipo. E magari togliersi qualche soddisfazione. Come ha fatto nel suo discorso. Follini gela tutti leggendo in apertura tre paginette fitte per spiegare le ragioni delle sue dimissioni. Un testo in cui senza giri di parole attacca frontalmente i ministri e demolisce punto per punto la linea politica assunta dal partito nelle ultime settimane. Il dimissionario Marco Follini tocca le questioni a lui più care: una delegazione ministeriale che «ha amministrato le sue possibilità di influenza in modo almeno ripiegato» e un affondo su Berlusconi. «Il presidente del Consiglio — dice — ha spiegato agli italiani che io avrei una sola passione, la politica. Personalmente, ho qualche passione in più. Ma politicamente gli do ragione. La politica è passione fredda, lucida e composta. Ma è passione, non interesse». A Berlusconi riconosce «la capacità di aver tenuto largamente la coalizione sulla sua posizione intorno a sè». Tuttavia, precisa, «tutto questo ci pone un problema, non ce lo risolve. Almeno a noi». L'ex segretario non nomina mai il presidente della Camera Pierferdinando Casini ma non sono in pochi a sospettare che alluda a lui quando si domanda: «Quale pigrizia, quale paura, quale debolezza ci induce oggi a giocare improvvisamente al ribasso di noi stessi? Abbiamo spiegato agli italiani, e non ero il solo, mi pare, che occorreva discontinuità. Non si è ancora spenta l'eco di alcuni ragionamenti all'insegna del motto "o si cambia o si muore". E adesso sento dire che se non si cambia troppo si sopravvive più agevolmente. È una svolta che non mi convince e che non mi appartiene». Quando Follini finisce di parlare non vola una mosca, il silenzio è carico di tensione. Una freddezza che, man mano che il dibattito procede, si trasforma in scontro a tratti drammatico. Battibecchi, insulti, critiche e atroci dubbi che fotografano un partito disorientato dalle continue svolte, attraversato da laceranti spaccature, anche personali. La replica dei ministri alle bordate di Follini è violentissima. «Non so di quale delegazione parlasse Follini, quello che so — ha attaccato il ministro della Funzione pubblica — è che grazie all'impegno della delegazione Udc al governo in Finanziaria abbiamo ottenuto 1,2 miliardi per le famiglie: purtroppo tutto ciò il partito non l'ha fatto sapere...». Rincara la dose Giovanardi: «Ha ragione, nei 6 mesi in cui era vicepremier mai, dico mai, durante un Cdm, ha sostenuto le battaglie dell'Udc». Nessun commento da Pier Ferdinando Casini, solo una battuta, raccolta allo stadio di Bologna e riferita però all'ex presidente della squadra Giuseppe Gazzoni Frascara, che però pesa più di mille parole: «Vorrei rivolgere un saluto e un ringraziamento a Gazzoni perché l'ingratitudine mi sembra che non ci sia solo in politica, ma anche nel mondo sportivo». Ora l'Udc dovrà scegliere un segretario che «traghetterà» il partito fino al congresso nazionale di fine gennaio quando l'Udc finirà nelle mani di Casini. Lorenzo Cesa ha già convocato il consiglio nazionale per il 24 ottobre. E da lì uscirà il Caronte dei centristi.