«Se non cambiamo la Cdl perderà»

Il presidente della Camera Pier Ferdinando Casini è assolutamente categorico nel sottolineare la necessità per la Cdl di un cambiamento, per «interpretare quello che vogliono i moderati da cui è stata delusa in questi anni» e per «tornare a parlare di valori». Il presidente della Camera sceglie un incontro al Caffè della Versiliana per sottolineare che «oggi il problema vero è dare speranze ai moderati italiani». In questo senso, secondo Casini, l'unica ricetta possibile è il partito dei moderati («il termine partito unico — precisa davanti alla platea — non mi piace, perché nella storia d'Italia ha dato pessimi risultati»). Il partito dei moderati, argomenta, «può restituire fiducia a chi oggi è deluso dal centrodestra». È perciò «questo partito bisogna farlo, bene e in fretta. Bisogna passare dalle parole ai fatti» E per rafforzare il suo concetto usa metafore: «Serve un'estate di api operaie e non di cicale, perché da dilapidare ormai non c'è più nulla». Secondo Casini, poi,«il centrodestra si è attorcigliato in questi anni intorno alla questione di Silvio Berlusconi. Questo dibattito sulla santificazione o sulla demonizzazione del presidente del Consiglio, portato avanti da alcune personalità della Cdl, francamente non mi piace». Il presidente della Camera attribuisce a Berlusconi «il merito di un intuito politico che nessun altro uomo ha avuto in Italia in una certa fase», ma aggiunge: «Non basta l'effetto di una personalità trascinante per selezionare una classe dirigente che dia al paese tutte le risposte di cui ha bisogno. Purtroppo, su questo si è perso tempo. Il centrodestra doveva dar vita ad una classe dirigente che non fosse ipnotizzata da Berlusconi, ma che invece interpretasse la società italiana». La prospettiva, rispetto a questo, è dunque per Casini quella della «Casa dei moderati». Una casa «che deve nascere comunque per rappresentare la voce dei moderati italiani». Su una cosa, però, Casini è categorico: «Come non si può condizionare la nascita del partito unico con il cambiamento della legge elettorale, così non si può condizionare con il cambio di leadership. Il partito si fa per la gente, non si fa per un leader, il leader può cambiare ma non può essere la condizione». Un partito che, secondo il presidente della Camera «deve formarsi sui valori e non solo sui programmi, perché non possiamo lasciare solo alla Chiesa la bandiera dei valori; la politica deve tornare in campo, a parlare con la gente e a parlare di valori, di ideali, di responsabilità». Il problema della leadership, rispetto a questo, passa inevitabilmente in secondo piano, «e il leader — sottolinea — non si sceglie in base a conventicole. Alla fine, chi ha più tela per tessere tesse». E va avanti: «Oggi Berlusconi, Fini (che, come An, non ha più patenti da chiedere) e Follini hanno l'esigenza di dare una risposta ai moderati, che chiedono un segnale finora arrivato flebile. È per questo che spero che durante l'estate questo segnale arrivi e che ci sia quel confronto vero di cui il Paese ha bisogno». L'obiettivo finale, per il presidente della Camera, è la costruzione di un centrodestra per «uno Stato laico e non laicista, che si leghi al valore della libertà». Uno Stato, aggiunge, nel quale «per una ragazza musulmana sia possibile andare a scuola con il velo o dove sia normale che nelle classi scolastiche ci sia appeso il Crocifisso». Un modello di cui, secondo Casini, «Marcello Pera testimonia una cifra assoluta quando sostiene che il laico deve vivere come se Dio esistesse. Su questo si costruisce la piattaforma di valori per un centrodestra diverso. Una piattaforma per la quale lo spazio c'è». Casini puntualizza anche la sua opinione sulla legge elettorale: se si vuole riformare il sistema questo è il momento, visto che «da che mondo è mondo, le leggi elettorali si sono sempre cambiate nell'ultimo anno della legislatura e non nel primo» e anzi «siamo già in ritardo». Casini, che si dice un «bipolarista convinto ma