Via D'Antoni, Pomicino e il gruppo dei siciliani

Il nuovo partito fa ufficialmente il suo debutto in Parlamento il 14 febbraio del 2002, giorno di San Valentino, giorno in cui si celebra il fidanzamento fra tre anime Dc: il Ccd di Casini e Follini, il Cdu di Buttiglione e Rotondi, Democrazia europea di D'Antoni. Si uniscono poi anche spezzoni dell'Udr di Cossiga e qualche udierrino di Mastella. La prima assemblea si terrà il successivo 20 aprile, che si apre proprio con un intervento dell'ex leader della Cisl. Il primo congresso si terrà nel settembre dello stesso anno: «Il partito con la sua identità, la sua forza elettorale e la sua collocazione strategica ormai è una realtà» dirà Buttiglione. Marco Follini è il primo segretario, Rocco Buttiglione il presidente. E il partito vive proprio su questa diarchia: da un lato l'anima del Ccd e dall'altra quella dell'Cdu. Con i dantoniani che fanno da terza sponda senza mai trovare troppo spazio. La tensione tra i vari pezzi interni sale sempre di più quando la linea di Follini diventa via via più conflittuale, nel corso del 2003, nei confronti del governo e soprattutto di Silvio Berlusconi. Per sfociare nell'apertura della verifica nell'estate dello stesso anno e nel rifiuto di formare una lista unica (ispirata al Ppe) con Forza Italia in vista delle successive elezioni europee che si terranno nel giugno del 2004. La prima rottura è, guarda caso, ancora nel giorno di San Valentino, due anni dopo il primo «fidanzamento». Il 14 febbraio scorso Paolo Cirino Pomicino, ex ministro del Bilancio, manda una lettera a Buttiglione dimettendosi dal partito rilevando «con amarezza il fallimento di tutti gli obiettivi che, con entusiasmo, c'eravamo dati» al momento della costituzione del partito. Pomicino critica il gruppo dirigente che «lentamente si è spostato sulle posizioni di An». Due mesi dopo, il 27 aprile, dopo aver lungo atteso una nomina a ministro che non arriverà mai, Sergio D'Antoni sbatte la porta e se ne va. Nella lettera di dimissioni, l'ex leader sindacale critica la condotta «politico-parlamentare» dell'Udc negli ultimi mesi e sottolinea come il partito «non abbia mostrato di volersi opporre alla deriva a destra intrapresa dal governo». Lo stesso giorno Prodi gli rivolge un appello ad entrare nel cetrosinitra e nell'ottobre scorso D'Antoni diventa deputato nelle fila dell'Ulivo. Nel frattempo il gruppo dei siciliani dell'Udc, l'azionista di riferimento del partito (sull'isola lo scudocrociato registra le sue percentuali più alte) rompe: un pezzo esce e forma un gruppo autonomo. Ieri l'ultima rottura dei buttiglioniani. Rileva Rotondi: «Eravamo partiti in tre. Poi D'Antoni se n'è andato. Il Cdu si è praticamente sciolto estinguendosi nell'Udc che, di fatto, è diventato una sorta di restyling del Ccd. Se loro vogliono sostituire alla Vela lo scudocrociato - aggiunge rivolgendosi ai dirigenti centristi - facciano pure. Ma la nostra storia è un'altra. In questi anni continuavano a nascere come funghi movimenti democristiani. Quel partito non è riuscito a riunirli e quella era ed è ancora oggi la nostra scommessa». Accanto a Rotondi siedono due ex europarlamenari Udc, Gemelli e Pastorelli, e Stefano Pedica (ex Patto Segni). Tra i primi a federarsi c'è il «movimento per il sud» di Enzo Majorana che s'è già presentato alle elezioni con la Lega Nord. «Testimonial» storico del movimento l'ex ministro Clelio Darida: «Sto con voi perché, di là, la sinistra Dc è finita per essere guidata da Rutelli. Io sono cattolico e credo nelle conversioni sulla via di Damasco, ma quando si cade da cavallo bisogna fare attenzione a non farsi male...». E si rifà vivo Antonio Mazzocchi, dc oggi in An: «Stiamo vivendo e vedendo il riformarsi del grande Centro. Assistiamo inermi a questa manovra, neanche tanto sottile, da parte di alcuni personaggi "ex Dc" che piano piano si stanno staccando da partiti e coalizioni di appartenenza per convergere verso posizioni centriste». «Dubito sottolinea - che questi movimenti, quasi contemporanei, siano involontari, penso a Mast