Prodi e la Margherita, prove di separazione

E quello scontro, esploso lunedì durante il vertice della Gad e amplificato dalle dichiarazioni del Professore che ha parlato di «oscure trame centriste» e di «possibili sospetti accordi per fare un centro con l'Udc», è proseguito ieri durante la riunione dello stato maggiore della Margherita. Un incontro durato tre ore, molto teso, senza nessun assente (Rutelli, Parisi, Marini, Bordon, Castagnetti, Gentiloni, Franceschini, Dini, De Mita), con scambi di accuse da una parte e dall'altra e chiuso con l'intenzione di convocarne un altro dopo le feste per chiarire le cose una volta per tutte. Ma su questo summit, ancora tutto da preparare, pesa come un macigno innanzitutto l'accusa di Prodi ai Dl di pensare a trame «centriste». E anche se da Bologna il leader della Gad parla di «polemiche amplificate» e di una «coesione che si conquista con la discussione, senza nascondere i problemi sotto il tavolo», dalla presidenza Dl viene diffusa una nota che chiede chiarezza: «La rappresentazione attribuita a Romano Prodi di una Margherita che non crede nel bipolarismo e intende promuovere una alleanza di "grande centro" con Casini e Follini è lontana dalla realtà e perfino offensiva per il nostro partito, da sempre protagonista dell'Ulivo. Siamo certi che queste parole non possono corrispondere al pensiero di Romano Prodi». Lamberto Dini è uscito dal vertice scuro e ha confermato che la riunione si è svolta in un clima acceso. «Prodi ha fatto un errore ad attaccare la Margherita — commenta — E il presidente dell'assemblea federale Parisi aveva il dovere di difendere le delibere dell'organo che presiede, invece non l'ha fatto, si è schierato con Prodi e dovrà chiarire». Al vertice Parisi avrebbe confermato di aver sostenuto i deliberati della Margherita sulle liste alle regionali (che andavano decise dalle realtà locali), criticando allo stesso tempo il modo con cui quei deliberati sono stati interpretati. «Il problema è il metodo perché i vertici nazionali incoraggiavano un esito diverso dallo spirito di quelle decisioni». Tra i vari colloqui telefonici di ieri di Prodi con i segretari dei partiti, c'è stato un primo contatto con Rutelli in cui tra l'altro si sarebbe discusso della possibilità di una riunione tra il leader della Gad e l'ufficio di presidenza della Margherita. Le diplomazie sono al lavoro e dell'opportunità di fissare una data per chiarirsi si è parlato ai più alti livelli del partito a Largo del Nazareno. La precondizione che il vertice Dl avrebbe posto a Prodi è una chiara smentita delle accuse contenute nel colloquio con Repubblica. «Se non c'è la rettifica di Prodi — avverte un membro dell'esecutivo — non si può far niente. È inaccettabile l'accusa che la Margherita lavori per rompere il centrosinistra e per costruire un grande centro». Intanto però nel centrosinistra tutti si sono affrettati a spiegare che non esiste un'alternativa a Prodi e che l'unico candidato resta lui. per Willer Bordon «in questa fase storica c'è bisogno di una personalità come Prodi che abbia già dato prova di altissimo senso della funzione di statista e che, nello stesso tempo, esprima quel tanto di innovazione e di esterno alla società dei partiti, come Prodi è in grado di fare. Anche Rutelli ha sempre sostenuto che Prodi è il nostro leader indiscutibile. Quindi, se sono valide queste due affermazioni e cioè che non ci può essere altro candidato e che tutti ne siamo convinti, allora non possiamo passare il nostro tempo a dire di "no" alle proposte di Prodi». Anche Vannino Chiti, coordinatore della segreteria nazionale dei Ds spiega che «l'Ulivo è nato con Prodi e non vedo oggi un suo futuro senza Prodi. Solo lui è in grado di consolidare la casa comune dei riformismi della sinistra, della tradizione laica, del cattolicesimo democratico e di portare