di FABRIZIO DELL'OREFICE «SÌ, SI apre una fase nuova.

È stato uno dei protagonisti della riforma fiscale e ammette che «sì, Silvio Berlusconi ha esercitato la sua leadership», ma che «i meriti del calo delle tasse sono ugualmente anche di Alleanza nazionale». Lui, leader di Destra sociale, la corrente interna più forte a Roma e nel Lazio, adesso rilancia. E spiega che Ministro, Follini e Baccini hanno giurato al Quirinale, sulla riforma fiscale c'è accordo: si è aperta una fase nuova? «Non possiamo dirci completamente soddisfatti perché vorremmo che fosse premiato anche l'impegno di Urso in questi anni. Ma nel complesso posso dire che con la nomina di Fini agli Esteri, l'ingresso di Follini e di Baccini e la riforma fiscale non c'è dubbio: si è aperta una fase nuova. Siamo più forti e più uniti e il nostro compito è quello di trovare la migliore sintesi possibile tra l'anima liberista e quella popolare della Cdl». Come pensa che possa avere più spazio quella popolare? «Intanto voglio dire chiaro e forte che la riforma fiscale rivela una grande attenzione alle famiglie. E questo è un risultato che rivendichiamo con forza». Ma non basta? «Quello raggiunto è un grande risultato ottenuto anzitutto con l'impegno di An. La riforma fiscale è un successo di Berlusconi e di Fini allo stesso modo». C'è ancora qualche pezzo che manca? «Faremo anche noi il nostro no tax day, il 9 dicembre, in cui chiederemo non il livellamento delle aliquote, socialmente ingiusto, ma il quoziente familiare che aiuta i nuclei numerosi e monoreddito, che fanno fatica ad arrivare alla fine del mese. Torneremo a farci sentire». È possibile coniugare anima sociale e sviluppo? «Non solo è possibile, è necessario. L'esperienza di governo di Storace alla Regione Lazio dimostra che è possibile crescere, anche più degli altri, con l'attenzione all'anima sociale. Anzi, direi che la destra sociale è proprio questo: è coniugare, far camminare di pari passo sviluppo e attenzione a non far rimanere nessuno indietro». Per esempio, come? «La Regione Lazio è la Regione che è cresciuta di più in termini di prodotto interno lordo. E allo stesso tempo ha dimostrato che si può essere più competitivi con l'attenzione al sociale». Ministro, e quale sarà il suo prossimo impegno? «Il Sud, che non è una questione dei meridionali, ma è una questione nazionale. Anzi, è la questione nazionale». Per questo chide la riapertura del tavolo sul Sud? «Se non cresce il Sud non potrà crescere tutto il Paese». È possibile il dialogo con Confindustria? «Certo, Montezemolo non è aprioristicamente contro il governo». Allora sono i sindacati che sono scesi in piazza al fianco di Confindustria? «I sindacati sono scesi in piazza contro la riforma fiscale. Ma dire che Confindustria ha partecipato allo sciopero è una sciocchezza, una palese sciocchezza». Se Montezemolo non è contro il governo, allora è possibile riaprire il dialogo con lui? «Senta, Confindustria ha chiesto l'apertura di un tavolo. Per tre mesi non ha ricevuto risposte, nel senso che non c'è stata alcuna convocazione. Il governo aveva detto che si sarebbe aperto il dialogo con il collegato allo sviluppo. Mi sembra normale che alzi il tono». Quindi, secondo lei, se quel tavolo venisse aperto... «Gli industriali avrebbero un atteggiamento più propositivo». Resta comunque il fatto che il dialogo sociale è tutto in salita... «Lei dice? Io non credo affatto». E come fa a sostenerlo? «Lo dico sulla base dell'esperienza. Ricordo che la Cisl e la Uil sono arrivate anche alla rottura con la Cgil in occasione della firma del Patto per l'Italia. Ad eccezione dell'organizzazione di Epifani, nessuno ha pregiudizi contro il governo. Ma l'esecutivo deve fare la sua parte, non spingendo gli interlocutori allo scontro». È possibile un nuovo patto per