Tremonti isolato, pronto un posto nella Ue Continua la battaglia sui poteri economici. Alemanno (An): «Senza deleghe Fini non può agire»

E persino Berlusconi appare infastidito da quel comportamento stizzito, da quel suo essere irremovibile. Non sono giorni facili per Giulio Tremonti. Un nuovo schiaffo al governatore della Banca d'Italia Antonio Fazio, il gelo con Antonio Marzano (l'altro peso massimo del governo in materia economica), la rottura completa con An e quasi completa con l'Udc e il Carroccio che comincia ad assestargli qualche colpetto (circostanza mai accaduta sinora) come quello di Maroni sull'Alitalia. Non sono neanche giorni felici quelli del ministro dell'Economia soprattutto perché, nel tira e molla con Fini che reclama i poteri proprio in materia economica, c'è un aspetto che non piace al premier. Tremonti si mostra preoccupato sul «caso deleghe» perché teme che a Palazzo Chigi, sotto la guida del leader di An, si costituisca una sorta di "controministero" che, in alternativa al suo dicastero, lo limiti eccessivamente. Il premier da un lato condivide i timori di Tremonti, ma dall'altro spiega che comunque «Giulio deve capire che dovrà cedere qualcosa», come ha detto di recente ai suoi. La partita si gioca tutta sulla drastica riduzione delle tasse, l'asso nella manica di Berlusconi per la campagna elettorale. E proprio per questo motivo, spiegano collaboratori del premier, «An lo teme, perché catalizzerà molti consensi su Forza Italia, voti che provengono proprio da elettori che oggi sono intenzionati a scegliere Fini». Il braccio di ferro prosegue. Se ne sono resi conto anche a Bruxelles, dove l'Italia (unico Paese dei sei "fondatori" della Ue) non ha ancora nemmeno formalmente avanzato la rosa dei nomi dei prossimi commissari europei, quelli che prenderanno il posto di Romano Prodi e Mario Monti. A una delle due poltrone aspira Rocco Buttiglione, l'altra è stata proposta proprio a Tremonti, il quale però non ha dato alcuna risposta. Forse pensava proprio a quel posto Ignazio La Russa quando ha detto, agli altri del vertice di An, che «Berlusconi mollerà Tremonti dopo le Europee». La destra resta comunque in fibrillazione, nonostante le assicurazioni del Cavaliere. E la situazione viene riassunta dal ministro Gianni Alemanno: «Finché non avrà ricevuto le deleghe non potrà essere Fini a convocare» i sindacati per parlare del documento per lo sviluppo. «Si tratta di una situazione - aggiunge l'esponente di An - da affrontare complessivamente, quando il governo avrà sciolto tutta una serie di nodi dal punto di vista economico-sociale. Vogliamo chiarezza proprio per poterci rapportare con le parti sociali e rilanciare il dialogo sociale sulla base della politica dei redditi». Quanto al Dpef, Alemanno ribadisce che «per poterlo impostare è necessario che siano chiariti sia le responsabilità, quindi il problema delle deleghe di Fini, sia la strategia di fondo, su cui noi abbiamo più di una perplessità». An vuole affrontare prima «il problema dello sviluppo e la competitività, poi quella della compatibilità sociale e infine la questione della riduzione delle tasse», dice (non a caso) Alemanno.