La grazia? «Spero che torni solo a Ciampi»

«Il mio auspicio è che l'intera responsabilità venga ricondotta all'autorità che a mio parere è giusto che l'abbia in capo: e cioè il Presidente della Repubblica». Il ministro lo ha detto a Piacenza nel corso di un convegno dedicato al tema della libertà, non specificando se in riferimento a Sofri o no. «Io spero che questo tema, così caldo in questo momento - ha aggiunto Castelli - possa essere risolto a livello costituzionale». In chiusura del suo intervento il guardasigilli ha iniziato spontaneamente a parlare del tema della grazia: «Occorre capire - ha detto Castelli pesando le parole - qual'è il tormento di chi è chiamato a decidere il destino di una persona». Secondo il Ministro della Giustizia infatti quello della grazia «è un peso che non auguro di avere sulla pelle a nessuno», perchè si decide della vita di un uomo: «Perchè chi è dentro non vive». Poi il ministro ha tracciato per l'ennesima volta il suo pensiero sulla grazia: «È un istituto che non ha nulla a che vedere con il percorso fatto dal detenuto prima del delitto, non è un quarto grado di giudizio, e non ha attinenza con la formula dubitativa della sentenza. Chi viene graziato è il reo, come Pilato fa con Barabba». Parlando poi di legittima difesa, il ministro ha detto che è «una delle tante azioni che noi facciamo in favore della sicurezza in una battaglia continua contro la sinistra». «Ormai lo dico senza infingimenti - ha detto -, perchè ho le prove documentali, che la sinistra ha sempre privilegiato i delinquenti; noi vogliamo privilegiare invece le vittime». Per Castelli, anche sull'esito del dibattito parlamentare sulla tortura, da parte della sinistra sarebbe stata operata «una strumentalizzazione incredibile». Secondo il ministro, gli esponenti della sinistra in Parlamento «sono gli stessi che da giovani buttavano le molotov; sono gli stessi che approvavano l'intervento dei carri armati in Ungheria; sono gli stessi che hanno nel Dna la cultura bolscevica». Il testo sulla tortura presentato dalla sinistra, ad avviso di Castelli, «era semplicemente un mezzo maligno per cercare di proteggere i black bloc contro la polizia a Bolzaneto, tanto è che non è un caso che questa legge viene presentata poco dopo i fatti di Genova». «Addirittura - ha spiegato - si voleva far passare per tortura una minaccia espressa una volta sola: nel caso di un agente di polizia che interroga un indagato, non gli può dire "guarda che se non dici quello che sai potrai scontare un numero molto elevato di anni di prigione", questa è una minaccia che diventa tortura».