«Restiamo in Iraq nonostante i rischi e Nassiriya» Il premier punta al dialogo con l'Islam. Casini: «Guerra lunga». Fini ridimensiona l'allarme nel paese

«Certamente, i rischi per gli italiani in missione in Iraq ci sono, ma dobbiamo assumerci la nostra quota di responsabilità», afferma senza tentennamenti Silvio Berlusconi a Varsavia. Per il premier il mondo è «oggi di fronte ad una sfida che viene dal terrorismo internazionale che non è una sfida rivolta contro questo o quel paese ma è una sfida rivolta all'intero sistema occidentale». E per questo sottolinea che sta «cercando di convincere tutti a dare una mano per favorire il processo di ricostruzione dell'Iraq. E la presidenza di turno italiana cercherà di convicere Francia e Germania ad assumere un ruolo maggiore per la ricostruzione dell'Iraq che passa oggi sotto l'egida dell'Onu». Così il premier annuncia che il prossimo 4 dicembre sarà a Parigi, in occasione del vertice dei primi ministri del Partito popolare europeo, a margine del quale parlerà direttamente di questo tema con il premier francese Jean Claude Raffarin. Dopo la strage e le minacce la natura della nostra missione in Iraq, comunque non è cambiata, dice Berlusconi: «C'è stata un'azione contro di noi, ma noi siamo lì per aiutare la popolazione irachena che ha bisogno, cominciando dai bambini, dalle donne e dagli anziani». Nonostante questo Berlusconi sottolinea che l'occidente vuole in ogni caso «aprire un dialogo con il mondo dell'Islam e non una sfida», ma riconosce che «nessuno pensava che il mondo potesse trovarsi in questa situazione». Ma c'è stato l'11 settembre e «dobbiamo prenderne atto». Tutta la maggioranza è d'accordo con Berlusconi, a cominciare dalle istituzioni. Il tema della sicurezza «non è una questione prevalentemente tecnica», ma «è eminentemente politica e fa parte integrante dell'assetto dei sistemi democratici», afferma il presidente della Camera Pier Ferdinando Casini aprendo, nella Sala della Lupa di Montecitorio, i lavori del seminario sulle attività per la sicurezza dei Parlamenti dei Paesi aderenti al G8. E secondo Casini «Dobbiamo attrezzarci nella consapevolezza che sarà una guerra molto lunga». «Il futuro - ha detto Casini - non ci riserva guerre tradizionali ma nuove sfide costituite da guerre diverse, ma non per questo meno insidiose». Ridimensiona i rischi di attacchi diretti al nostro paese, il vicepresidente Gianfranco Fini, ribadendo però la fermezza. «Tutti i Paesi sono nel mirino del terrorismo, ma in Italia non vi sono motivi di particolare allarme», sostiene e aggiunge: «Se l'Iraq venisse abbandonato a se stesso, il terrorismo avrebbe vinto». E per combattere il terrorismo internazionale, per lui è essenziale che «l'Unione Europea stringa una solida alleanza con un grande paese musulmano, come la Turchia, e con i paesi arabi moderati». Contro la minaccia del bioterrorismo l'Italia sta inoltre considerando l'ipotesi di istituire una agenzia sul modello dell'Homeland Department of Security degli Stati Uniti, ad annunciarlo è il ministro Rocco Buttiglione. Il modello cui guarda l'Italia è il nuovissimo dipartimento all'interno del quale, all'indomani dell'attentato dell'11 settembre, sono confluite 22 agenzie di sicurezza interna, con il compito di proteggere il Paese da minacce terroristiche sul suo territorio. Giu.Cer.