«Cambiare ministri? Non è uno scandalo»

È ormai una questione politica, «e i problemi politici, mi dispiace doverlo dire al presidente Berlusconi, non si risolvono con il paternalismo». Il presidente di An, Gianfranco Fini, concludendo la grande manifestazione organizzata a Milano per celebrare l'anniversario della caduta del muro di Berlino (50 mila persone in piazza), ha mandato in modo esplicito questo messaggio a Silvio Berlusconi: le tensioni tra An e Udc, da un lato, e Lega dall'altro sono arrivate ad un punto tale che non basta più l'intervento personale del Presidente del Consiglio, è tempo di «una seria verifica di programma». Altrimenti? Altrimenti An, come ha detto il coordinatore nazionale del partito, Ignazio La Russa, è anche disposta a scegliere la via dell'appoggio esterno: «Non lo voglio, non lo auspico, ma non posso escluderlo». Su questo punto Fini ha manifestato prudenza. Dal palco, all'ipotesi di un appoggio esterno, non ha fatto il benchè minimo accenno. «Noi - si è limitato a dire - siamo una forza leale, coerente e determinata ed è con lealtà che diciamo che nella maggioranza ci vuole più concordia autentica. Al contrario assistiamo a comportamenti e a dichiarazioni che sono all'opposto della concordia». Lontano dal palco, però, il presidente di An, prima di lasciare la Fiera di Milano, non ha smentito la posizione il coordinatore La Russa: «Appoggio esterno? Come avete sentito io dal palco non ne ho fatto cenno alcuno. È un'ipotesi avanzata dal coordinatore nazionale del partito». Ma lei che ne pensa? Appoggio esterno oppure no? «È un'ipotesi. Solo un'ipotesi» ha risposto. Le ragioni di fondo delle tensioni hanno per Gianfranco Fini un nome e un volto preciso: Umberto Bossi. «Anziché chiedere più voti di fiducia - ha affermato - Bossi farebbe bene ad avere più fiducia in An e Udc. Perché certi sospetti offendono». An non è, come sostengono alcuni a sinistra, «il cavallo di Troia della maggioranza», non è vero che «quello che An sta facendo è un modo per far cadere il Governo». No, queste semmai sono «offese» che Gianfranco Fini non è più disposto a tollerare. Dunque che fare? «Bisogna fare tesoro dell'esperienza dei due anni e mezzo di legislatura, e da qui ripartire dopo una attenta, leale ma seria verifica politica». «Non vi piace la parola "verifica"? - ha chiesto Fini agli interlocutori di governo - benissimo, chiamiamola "Antonietta". Ma un dato è certo: chiediamo a Berlusconi di garantire pari dignità all'intera coalizione. Nessuno è più indispensabile di altri». Pari dignità, collegialità e, soprattutto, rispetto reciproco. «Basta con le offese - ha sottolineato Fini -. Certo sospetti di Bossi, e certe sue parole, offendono. Non si può continuare ad insultare la capitale d'Italia come se fosse la quintessenza di ogni male. Roma è un valore che nessuno può offendere». Il centrodestra «non ha bisogno di primedonne», e invece sembra che nella maggioranza ci sia chi insiste per esserlo. «Perché mentre il presidente si definisce "operai" c'è qualche ministro che pensa di essere l'oracolo di Delfi? È tempo di dire che quattro teste pensano meglio di una sola e che bisogna remare tutti nella stessa direzione». Da qui la necessità di una verifica di programma. «Se necessario - ha concluso Fini - cambiamo qualche ministro. Non sarebbe uno scandalo. Ma soprattutto che si faccia una verifica seria. Noi non abbiamo voglia di litigare, ma di vincere».