Berlusconi a Wall Street: «Investite in Italia»

Ma anche un paese dove «i signori comunisti» contano meno di un tempo. Sono alcuni degli argomenti usati dal presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi (nella foto all'Istituto italiano di cultura assieme a Matilda Cuomo), per descrivere ad una platea di investitori americani a Wall Street i motivi per fare affari con l'Italia. Berlusconi ha tracciato i vari aspetti di quello che ha definito «il sogno italiano», affiancandolo a quello americano e sottolineando che l'Italia è oggi «il paese più americano d'Europa». In una sala del New York Stock Exchange Berlusconi ha sintetizzato le riforme avviate o concluse dal governo, parlando del mercato del lavoro «che è ora il più flessibile d'Europa», di scuola, riforma fiscale, incentivi alla ricerca e all'innovazione, interventi al sud, investimenti «per 125 miliardi di dollari nelle infrastrutture che mancavano». Berlusconi ha anche disegnato lo scenario politico italiano, dopo aver premesso che uno dei motivi per cui investire in Italia è che «il presidente del Consiglio ci ha investito tutti i suoi soldi: credo che questo sia un buon argomento». «I comunisti dicono che i soldi che ho investito in Italia sono anche troppi - ha aggiunto - ma io credo che, come voi sapete bene, i soldi non siano qualcosa su cui fondare una vita di agi, vacanze e turismo. Sono qualcosa da investire, per creare benessere per noi, per la nostra famiglia e così facendo anche per gli altri. Per tutti. È quello che oggi l'Italia consente di fare a tutti i suoi imprenditori». Definendo i suoi avversari politici «i signori comunisti», Berlusconi ha spiegato che oggi «ce ne sono meno in Italia. Una volta in Italia - ha proseguito - c'era il primo partito comunista dell'Occidente, che aveva il 34% dei consensi. Quando sono stati aperti gli archivi del Kgb, si è visto che riceveva il massimo dei finanziamenti dall'Unione Sovietica, il 63% dei finanziamenti che l'Unione Sovietica pagava a paesi occidentali. Oggi il partito comunista italiano ha il 16% e i suoi leader dicono «non siamo mai stati comunisti». È anche questa - ha aggiunto Berlusconi - una buona ragione credo per guardare con simpatia all'Italia». Ripercorrendo la storia della propria ascesa al governo del paese, Berlusconi ha ricordato di essere «entrato in politica 10 anni fa per far sì che il mio paese non cadesse nelle mani del comunismo, che allora era molto forte. Dei giudici di sinistra - ha aggiunto - avevano eliminato dalla vita politica tutti i cinque partiti che avevano governato l'Italia durante mezzo secolo, partiti di origine democratica e occidentale. Non poterono presentarsi alle elezioni del 1994 con i propri uomini e i propri simboli». «Se un imprenditore non fosse sceso in campo per dare agli italiani un nuovo simbolo e un nuovo partito da votare - ha aggiunto Berlusconi - i comunisti con il loro 34% dei voti avrebbero avuto l'85% dei parlamentari. L'Italia avrebbe fatto un passo indietro sulla strada della libertà, della democrazia e della modernità. È stata una decisione drammatica, mi divertivo moltissimo a fare il mestiere di imprenditore. Ma in quel momento fu necessario fare questo sacrificio di cui non mi sono mai pentito, perchè credo che l'Italia non potesse non darsi un destino che non fosse di libertà, di democrazia vera, compiuta». Alla comunità finanziaria di New York, Berlusconi ha parlato di un paese diventato «la quinta economia del mondo, insieme alla Gran Bretagna», dove prima del suo governo alle doti degli imprenditori faceva da contraltare «un'amministrazione pubblica inefficiente e costosissima». «Il mio governo si è trovato a che fare con un paese che era rimasto indietro nella sua struttura - ha aggiunto - perchè il sistema elettorale aveva prodotto 57 governi in poco più di 50 anni. Nessuna impresa al mondo resisterebbe al cambio di dieci amministratori