Pera: «Fassino vada in Commissione» Monito del Presidente del Senato: «Basta citare Ciampi». Fi: «Siamo d'accordo»

«È irresponsabile chiamare in causa il presidente della Repubblica. Se ci sono guerriglieri che nella maggioranza che intendono perseguire questa strada - ha dichiarato in un'intervista al Corriere della Sera - debbono essere smentiti e fermati». Pera si è quindi rivolto all'opposizione e in particolare al segretario Ds Piero Fassino spiegando che «sarebbe più convincente se andasse in commissione a farsi audire. Osservo che la difesa di chi è stato coinvolto è stata tardiva. Prima si è risposto con ironia, poi col sarcasmo, poi con le minacce di disertare i lavori e adesso con una reazione scomposta si cerca di delegittimare la commissione. Non ho ragione di dubitare della completa estraneità di chi è chiamato in causa. Ma questo va spiegato nella commissione, non fuggendo dalla commissione». La Casa delle libertà ha applaudito l'intervento di Pera. Sia il portavoce di Forza Italia, Sandro Bondi, che il commissario di Forza Italia in commissione, Carlo Taormina, non si sono sentiti bacchettati da Pera che ha parlato di «guerriglieri della maggioranza». «Io non ho mai chiamato in causa Ciampi. Semmai l'ha fatto la sinistra - ha risposto Bondi - e poi non credo che esistano dei guerriglieri della maggioranza che vogliano andare contro il Quirinale». Anche Taormina, che per primo aveva parlato di correità per Ciampi nella vicenda Telekom, si è detto convinto che Pera «non si sia voluto assolutamente riferire a me». Il leghista e vicepresidente del Senato Roberto Calderoli ha quindi smorzato i toni della polemica sottolineando come Igor Marini «sia stato un pò troppo Pico della Mirandola. Sono rimasto stupito di come a distanza di così tanti anni una persona potesse ricordarsi anche il centesimo di dollaro di trasferimenti di milioni di dollari». L'Ulivo è comunque rimasto in trincea. Fassino ha moderato i toni, chiarendo che non «parlerà più» e lascerà cantare gli atti, ma non ha rinunciato ad accusare il centrodestra di voler creare «un clima da guerra civile». E il capogruppo della Margherita alla Camera, Pierluigi Castagnetti ha spiegato che Pera «ha solamente preso atto che questi guerriglieri della maggioranza, riferendosi evidentemente a Sandro Bondi e a Carlo Taormina, vanno fermati, e si è rivolto chi è in grado di porre uno stop». Però, secondo il leader dell'Udeur Clemente Mastella: «Le guerre puniche ormai sono iniziate e sarà difficile fermarle. Il fango è stato lanciato e gli schizzi sono arrivati ovunque, anche su Ciampi». E il segretario del Campanile, in un'intervista all'Espresso, ricorda un altro momento in cui fu oggetto «di strane attenzioni». «Ero - racconta - al governo con D'Alema nell'aprile 1999 e un giorno lui mi fece una telefonata inquietante. Stavamo parlando di un sottosegretario dell'Udeur coinvolto in un'inchiesta ingiusta quando lui mi mi chiese se era vero che avevo 50 miliardi su un conto; gli avevano detto che su un conto corrente della Banca del Salento risultavano 50 miliardi di lire che sarebbero stati miei. Io ci scherzai su, ma D'Alema era preoccupato. Mi mossi subito per appurare, tramite amici militari e tramite la Banca del Salento cosa stava accadendo. Ovviamente, quel conto non è mai esistito, ma il mio terrore - conclude - era che qualcuno potesse far figurare dei soldi a mio nome, proprio per incastrarmi».Un nuovo scontro potrebbe esserci mercoledì, quando arriveranno in commissione le famose carte svizzere che Marini voleva consegnare alla commissione d'inchiesta e che costarono a lui l'arresto a Lugano, e ai due commissari che lo accompagnavano un fermo di 24 ore nell'ufficio della polizia cantonale svizzero.