SI PARLA DI TANGENTI AI POLITICI E PAOLETTI SI SENTE MALE

E oggi si continua ancora. Un faccia a faccia interminabile che si tiene nel carcere delle Vallette, dove Marini è detenuto, all'interno della cosiddetta sala magistrati, un locale sorvegliato da 5 guardie di un corpo speciale della polizia penitenziaria che vigilano sull'incolumità del procacciatore d'affari. Nel corso del confrotno tuttavia sono emersi fatti nuovi e si è cominciato a parlare delle tangenti ai politici. «Marini si sta quotando», dice durante una pausa l'avvocato difensore, Luciano Randazzo, per far capire che la credibilità del suo assistito si starebbe rafforzando: «Potrebbe aprirsi una nuova fase storica», si lascia sfuggire il legale a proposito della portata di questa inchiesta. Come nel 1992 quando scoppiò tangentopoli? gli viene chiesto: «Sì». I magidtrati, infatti, in alcune circostanze non avrebbero creduto a Paoletti. Per ora, il procuratore capo Marcello Maddalena e i sostituti Roberto Furlan e Paolo Storari si muovono compiendo un passo alla volta. La loro inchiesta riguarda truffe legate a negoziazioni di titoli, garanzie bancarie e certificati di possesso safe keeping. Solo sullo sfondo Marini colloca Telekom-Serbia, dicendo che le operazioni finanziarie servivano a far rientrare in Italia le tangenti versate sull'acquisto della compagnia di telecomunicazioni jugoslava mentre Paoletti dal canto suo ha sempre negato tutto. È un confronto molto serrato, duro. I due indagati, per usare le parole di Randazzo, «si rispettano». Marini affastella date ed episodi, Paoletti precisa, puntualizza, nega. Il tutto sotto la regia di Maddalena: «Un magistrato bravo e preparato - dice Randazzo -. Ce ne vorrebbero come lui in ogni città d'Italia». Bravo al punto da convincere l'avvocato a rinunciare a chiedere il trasferimento dell'inchiesta a Roma: «Ho fiducia nei Pm di Torino». Adesso l'avvocato si rivolgerà al tribunale del riesame per ottenere la scarcerazione del suo assistito o quanto meno gli arresti domiciliari.