An chiede la verifica, Forza Italia frena

Dopo quattro ore di summit, il vertice di Alleanza nazionale (Gasparri, La Russa, Urso, Matteoli, Alemanno, Storace, Landolfi, Ronchi) decide che non tutto può finire così. Anzi, è necessaria una verifica politica e programmatica. È necessario aprire, come dice lo stesso vicepremier, una fase due del governo. Per questo, la posizione del secondo partito della coalizione è anzitutto che il risultato elettorale di Roma non è una questione solo di An, ma di tutta la coalizione. E dunque la destra «ritiene necessario che la coalizione dia luogo, all'indomani dell'8 giugno, ad una verifica politica e programmatica sull'azione di governo». «Il voto amministrativo - si legge nella nota di An diffusa dopo il vertice di partito - ha evidenziato la capacità della CdL, in particolare laddove si è presentata unita, di mantenere il consenso necessario per continuare a governare e, in alcuni casi, per avviare nuove esperienze di centrodestra. L'unità della coalizione si conferma quindi come un valore aggiunto per sconfiggere le sinistre e confidiamo che i ballottaggi e le regionali friulane dell'8 giugno, cui An dedicherà il massimo impegno, ribadiranno che non c'è stata alcuna sostanziale rivincita del centrosinistra». «A fronte dei buoni risultati, anche di An oltre che della CdL - si sottolinea però nella nota - il risultato negativo della provincia di Roma, per il numero dei votanti e per le motivazioni del voto espresso in città, rappresenta un dato politico, più che amministrativo, di cui però deve tener conto tutta la coalizione e non solo An». Ma Forza Italia non sembra molto convinta. Claudio Scajola, presidente del comitato elettorale degli azzurri, replica subito: «Io, personalmente, non credo che questa verifica serva». Ma An non ci sta e non prende molto bene la risposta dell'alleato. E controreplica per bocca del portavoce Mario Landolfi a muso duro: «Mettetevi l'anima in pace. Anche se la parola verifica non piace, questa ci sarà. Del resto ci sono tante cose che fa Fi, che a noi non piacciono». Scajola è costretto a correggere il tiro: la richiesta di verifica politica «è legittima». «Ci mancherebbe altro che un alleato non avesse diritto di dire: "Voglio incontrare gli altri leader, discutere e approfondire"». Per Silvio Berlusconi il campo comincia a farsi minato. Se la destra serra le fila, anche l'Udc si fa sentire, forte dell'exploit siciliano. Anche nel mirino del partito di Marco Follini è finito Umberto Bossi. Per prima cosa, quindi, l'Udc avverte il premier, chiedendo che si faccia sentire e che imponga uno stop ai continui ricatti del Carroccio, una decisa virata dagli estremismi leghisti a posizioni centriste. Questo perché - è il ragionamento di Follini - il responso delle urne ha decretato che il «pendolo torna al centro». Il leader dell'Udc ha snocciolato orgogliosamente i dati della vittoria, sottolineando che il suo partito ha avuto «il più alto incremento nell'intera Cdl: il 9,2% come media ponderata nelle comunali e il 12,5 % nelle provinciali, con una media nazionale che supera il 10%». Ergo: «Riflettiamo, riflettete» dice Follini. E sul tavolo è tornato l'asse An-Udc, anche se entrambe le forze «tirano» in direzioni opposte ma non inconciliabili. Se gli ex dc chiedono più centro e più moderazione, il partito di Fini nel lungo vertice chiede la fase due del governo Berlusconi. Tradotto vuol dire più destra nel governo. Più visibilità e più temi di destra: sicurezza, legge e ordine, immigrazione. Ma anche una sferzata all'esecutivo, per dare un nuovo slancio a due anni di governo. Ma non solo. «Basta litigi nella maggioranza in piena campagna elettorale» dice Adolfo Urso, viceministro al Commercio estero e leader di Nuova Alleanza, una delle correnti interne di An. Che spiega ancora più chiaramente: «Non ci può essere un partito a cui viene concesso tutto anche di far rischiare la crisi di governo per difendere poche centinaia di allevatori a pochi giorni dal voto». Il messaggio è chiaro anche alla Lega. Ma il m