crimine mai commesso
Giustizia, lo sfogo di Beniamino Zuncheddu: "Dopo 33 anni non ho ricevuto nulla, né scuse né soldi"
“Quando mi hanno detto che ero libero, non ci volevo credere. Corsi in cella, misi le mie cose in due buste e uscii senza voltarmi indietro. Non volevo dare a nessuno il tempo di cambiare idea”. Sono queste le parole di Beniamino Zuncheddu, protagonista di una tra le storie più eclatanti in tema di malagiustizia in Italia e al centro del documentario “Non colpevole - Giustizia al rovescio”, su Canale 122 – Fatti di Nera e on demand su Cusano Media Play. Un uomo che ha passato più della metà della sua vita dietro le sbarre per un crimine che non ha mai commesso: 33 anni in carcere per la strage di Sinnai dell’8 gennaio 1991, che costò la vita a tre persone, per poi essere assolto al termine del processo di revisione lo scorso 26 gennaio 2024. Da allora, la vita di Beniamino è cambiata radicalmente. Ha riacquistato peso ed è tornato a vivere nella casa di famiglia a Burcei, accanto alla sorella Augusta, la sua più grande sostenitrice. Oggi trascorre le giornate aiutando il fratello con le pecore e riabbracciando gli amici di una vita, ma la serenità è ancora lontana. “Sognavo una famiglia con figli e nipoti, ma è troppo tardi. Nessun risarcimento potrà mai restituirmi ciò che ho perso”.
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Alle puntate ha preso parte anche l'avvocato Mauro Trogu, che ha parlato della parte legale e della sentenza: “La parte più deludente della motivazione sono le conclusioni. Infatti, nonostante tutto il castello di accuse contro Beniamino sia crollato, si dice 'l’assoluzione non è piena perché non ha dimostrato la sua totale estraneità ai fatti'. Si tratta di un ragionamento che contrasta con la nostra Costituzione e con la nostra legge processuale. La Costituzione e la Corte Edu contemplano tra i diritti civili fondamentali quello della presunzione di innocenza: fino a che la mia responsabilità non è provata, io devo essere considerato innocente. È l’accusa a dover provare la mia colpevolezza, non io a dover provare la mia innocenza. Sembra di essere tornati indietro di 80 anni”.
Zuncheddu ha aggiunto: “Da quando sono uscito, non ho ricevuto nulla. Né scuse, né soldi. Solo vuoto e dolore”. Una legge che dovrebbe risarcire le vittime di errori giudiziari rischia di affondare nel disinteresse generale. Si chiama “proposta Zuncheddu”, in onore del pastore di Burcei. La proposta, lanciata come iniziativa di legge popolare, prevede una misura semplice: un assegno immediato, da versare a chi viene assolto dopo aver scontato anni di carcere per errore. Una provvisionale economica che lo Stato dovrebbe garantire fino all’eventuale risarcimento stabilito dal giudice civile. Una norma di civiltà, dicono i promotori, per evitare che le vittime della giustizia diventino anche vittime della burocrazia.