le polemiche stanno a zero
Leoncavallo e sgombero "inevitabile". Sgarbi: "Difetto di storia e stagione finita"
Lo sgombero del Leoncavallo, storico centro sociale di Milano, "era inevitabile" perché "quella stagione è finita". A sostenerlo, senza alcun segno di tentennamento, è Vittorio Sgarbi, il critico d'arte che anni fa aveva definito il Leonka "la Cappella Sistina della contemporaneità". Sebbene "usare la forza" sia sempre la scelta sbagliata, per il saggista e già assessore alla Cultura del Comune del capoluogo lombardo nella giunta guidata da Letizia Moratti, "quello spazio rappresenta una stagione che non ha più un'attualità nella vita culturale e sociale milanese".
Sgarbi analizza la notizia dello sfratto con la scrupolosità e la freddezza che si addicono a un professionista del mondo dell'arte e dei tempi moderni e non può fare a meno di notare che qualcosa, rispetto ai tempi delle lotte e delle proteste, è cambiato. "Le ragioni per le quali il Leoncavallo aveva un significato alla fine del Novecento sono finite. C'è un difetto di storia nel Leoncavallo di oggi, un limite, una dimensione puramente astratta, e questo lo rende diverso da quello che è stato in quel momento", dice in un'intervista a Repubblica.
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Le polemiche di chi vuole addossare al governo la responsabilità di una riduzione degli spazi dedicati alla cultura, quindi, stanno a zero. L'afflato politico di chi prima si batteva per i diritti ora si è trasformato in retorica spicciola e negarlo significa naufragare in slogan privi di senso. "Siamo davanti all'evoluzione naturale di un fenomeno che era romantico ed è diventato invece accademico, senza la forza di incidere e cambiare la società", aggiunge il critico d'arte.