baby gang

Monte Compatri, Crepet è duro: “Degrado e dispersione scolastica spine perenni”

Elena Ricci

Freddato a soli 14 anni da diversi colpi di pistola esplosi da un’auto, nel parcheggio della metro Pantano, sulla linea C. Così è morto, probabilmente per errore, nella notte tra venerdì e sabato, Ivan Alexandru, giovane di origini romene, dopo una lite con un gruppo di persone iniziata all’interno del bar Esse su via Casilina. Inizialmente si era parlato di un regolamento di conti per questioni legate alle sostanze stupefacenti, circostanza poi smentita categoricamente dal fratello del patrigno della vittima, il quale ha parlato di una discussione nata per uno sguardo di troppo; una versione che tuttavia non convince gli investigatori e che non collima con le dinamiche note tra gruppi criminali e dediti al malaffare nelle periferie difficili, quelle dove il degrado fa da padrone e di cui la Capitale detiene un primato non indifferente. «Le periferie abbandonate sono un terreno difficile da sempre – commenta Paolo Crepet, psichiatra, educatore e sociologo –, prego però l’opinione pubblica di non stropicciarsi gli occhi dinanzi al fatto che un quattordicenne sia rimasto vittima di un regolamento di conti tra bande, perché di questo si tratta, di un vero e proprio regolamento di conti, con l’unica differenza che se hai 14 anni la tua banda si chiama “baby gang”, altrimenti si chiamerebbe criminalità organizzata».

 

 

A quanto pare, i colpi esplosi dall’auto avrebbero dovuto intimidire, infatti – secondo la ricostruzione degli investigatori – due sarebbero stati esplosi in aria e altri nel mucchio, arrivando a colpire il quattordicenne al petto. Ma cosa faceva lì, un ragazzino di 14 anni? «I quattordicenni oggi sono tali e quali ai ventenni di 40 anni fa e questo è evidente anche agli ipovedenti – commenta Crepet –. Questa poi è Roma, con le sue periferie abbandonate, paradossalmente forse migliore degli anni Settanta quando c’erano terrorismo e banda della Magliana. Queste ora non ci sono più, ma i giovani sono allo sbando e sempre in età più tenera che tenera non è, perché vivono da adulti, si comportano da adulti e delinquono come gli adulti».

 

 

Lo psichiatra punta il dito contro la dispersione scolastica e sul ruolo della famiglia che in queste storie non è mai marginale: «Se andiamo in strada e prendiamo i membri di una banda, sono quasi tutti ragazzini che hanno abbandonato precocemente la scuola, tra questi ci sono anche tante ragazzine. La deriva non si può certamente arginare, ma si potrebbe prevenire intervenendo sulla scuola. Lo Stato può farlo, può intervenire sulla scuola, ma non può farlo sulle famiglie che hanno una “propria giurisdizione”, al massimo può farlo indirettamente indagando in quelle case in cui ci sono minori che abbandonano gli studi precocemente». Quanto invece alle armi, sempre più utilizzate di frequente e sempre più diffuse, Crepet sostiene che sia aumentata la percezione del pericolo: «Non ho dati per affermare che gli italiani si siano armati di più negli ultimi anni, probabilmente lo hanno fatto perché è aumentata la percezione del pericolo. La proliferazione delle armi però, non previene nulla, aumenta solo l’insicurezza generale, perché è risaputo, se una persona detiene un’arma, prima o poi la utilizza».

 

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