la rivelazione

Misteri d’Italia e strage di Bologna, la rivelazione dell’ex deputato: "Il Lodo Moro esiste ed è stato una buona cosa"

Stefano Liburdi

«Il Lodo Moro non solo esiste, ma sono convinto che sia stato una buona cosa per proteggere l'Italia». A togliere ogni dubbio sull'esistenza dell'accordo tra il nostro governo e il Fronte popolare di liberazione della Palestina è Gero Grassi, ex deputato del Pd e componente della Commissione Moro. Il fatto di accertare l'esistenza di un patto tra l'Italia e le frange più estremiste del mondo arabo di allora, apre la strada a letture diverse di quelle finora date a tre casi avvolti da dubbi e misteri: il disastro aereo di Ustica del 27 giugno 1980, la strage alla stazione di Bologna del 2 agosto dello stesso anno e la scomparsa in Libano, a settembre ancora del 1980, di due giornalisti italiani, Graziella De Palo e Italo Toni, che stavano conducendo un'inchiesta su dei traffici di armi.

Dottor Grassi, quando ha saputo con certezza dell'esistenza del Lodo?
«Quando Bassam Abu Sharif, portavoce del Fplp e poi uno dei consiglieri più fidati di Yasser Arafat, è venuto in Commissione Moro (la seconda, presidente Fioroni ndr) e ha detto che lui era presente al momento della firma del patto e che questo serviva a proteggere l'Italia da azioni criminose. In cambio il nostro Stato offriva mezzi sanitari, alimentari e scolastici alla Palestina, più il tentativo di farlo riconoscere come stato autonomo».

Quindi nel Lodo non si parlava di «libero transito»?
«Attenzione. Si parlava anche di questo: libero transito di armi, ma su informativa dei nostri servizi. Chiaramente non è che potevano portare un cannone e nessuno diceva niente, dovevano avvisare che passavano dal nostro Paese con le armi».

Perché dopo l'audizione di Bassam Abu Sharif, l'esistenza del Lodo Moro è ancora negata?
«Guardi, questo non lo deve chiedere a me, io le sto dicendo quello che noi abbiamo saputo in Commissione. Poi che alcuni ancora lo neghino è un problema loro».

Eppure il patto potrebbe spiegare molte cose riguardo ad avvenimenti importanti.
«Le spiegazioni sono soggettive e ognuno di noi se le fa a modo suo, questo è legittimo. Io sono convinto non solo che il Lodo esiste ma anche che sia stato una buona cosa per proteggere il nostro Paese. Poi Cossiga lo ha ridicolizzato e ha tentato di distruggere l'immagine di Moro, ma il Patto serviva a proteggere l'Italia, non a creare "casini". Nello stesso tempo la politica italiana è sempre stata più filo palestinese che filo israeliano, con questo si spiegano molte cose, ma poi entriamo nel campo delle spiegazioni».

Il 2 agosto ricorre l'anniversario della strage alla stazione di Bologna del 1980 che si porta dietro ancora troppe questioni irrisolte.
«Vorrei sottolineare che è una cosa immorale che ne stiamo parlando dopo 42 anni. È una vergogna per i morti e per i loro parenti. La mancanza di verità e giustizia su un fatto accaduto 42 anni fa è una vergogna».

Dopo aver visionato le carte tutelate dal segreto di riservatezza, lei scrisse che quello da lei visto su Bologna, non andava «nel senso della sentenza».
«Delle carte secretate della strage di Bologna, connesse al caso Moro, non posso parlare perché c'è il segreto di Stato. A me sembra che leggendo quelle carte, la verità manchi di qualcosa, di più non posso dirle».

Perché su Bologna, non si sono esplorate seriamente anche piste diverse da quella «nera»?
«Le posso dire: ma la magistratura ha letto le carte secretate? Se le ha visionate è una cosa, se non lo ha fatto è un'altra cosa. Il problema sono le carte secretate. Ultimamente ne sono state desecretate alcune, ma non tutte».

Tra le altre cose, questi documenti conterrebbero gli avvertimenti del colonnello Giovannone, capocentro Sismi in Medio Oriente, su una imminente azione palestinese sul nostro territorio. Questo aprirebbe nuovi scenari anche per Bologna. Perché non si percorre con decisione questa strada?
«Non posso parlare delle carte perché altrimenti mi arrestano. Le carte vanno desecretate tutte perché la verità deve emergere. Credo che le carte ancora coperte da segreto contengano un altro pezzo di verità che si va ad aggiungere a quella processuale definita».

Un altro mistero che si porta dietro la strage alla stazione è quello legato alla scoperta dell'ottantaseiesima vittima: il lembo facciale ritrovato sui binari, non appartiene, come si credeva, a Maria Fresu. Perché non si sono fatti altri esami del Dna per capire a chi appartenesse quel lembo?
«A questo non so rispondere. Le posso solo dire che l'ottantaseiesima vittima è certa. Una vittima mai identificata e mai reclamata».

La bomba esplosa alla stazione ha ucciso 85, anzi 86, persone e ferito duecento innocenti e un'intera nazione. Gero Grassi ha un'ultima raccomandazione da fare: «Lo scriva che è una vergogna che dopo 42 anni stiamo ancora così».