L'editoriale di Daniele Capezzone
Ma domani a processo va Matteo Salvini
Il Tempo di ieri vi ha descritto – numeri alla mano – l’inferno di Termini e dell’Esquilino: un arresto al giorno, con l’80% dei fermati che sono stranieri. Avete letto bene: 80%, in un Paese in cui i residenti non italiani sono in tutto l’8% della popolazione.
Non basta? Il Tempo di oggi vi racconta la storia di un egiziano che arriva nel Grand Hotel Italia, commette un numero impressionante di reati, è destinatario di sette provvedimenti di espulsione, ma – com’è come non è –sta ancora qua. Da qualche giorno, per lo meno, alloggia in carcere. Ma sempre qui, mica nel suo Paese.
E infine la notizia più atroce, quella che apre il nostro giornale: lo stupro di una 23enne, domenica, all’uscita della metro Jonio, da parte di tre belve ancora da acciuffare. Mentre scriviamo, non ne conosciamo né l’identità né la nazionalità: abbiamo solo la descrizione attribuita alla vittima, che avrebbe parlato di tre uomini nordafricani. Davanti a questi episodi che gridano vendetta, indovina chi va domani a processo? Un trafficante di esseri umani? I mercanti di disperati oggetto dell’ultima inchiesta del Tempo? No: a giudizio andrà Matteo Salvini, cioè un ministro che – all’epoca, dal Viminale – si batté con forza per fermare le navi e chiudere i porti.
La storia la sapete: incredibilmente mandato alla sbarra, Salvini è già stato assolto. Ma, in un estremo assalto, la Procura di Palermo ha presentato ricorso in Cassazione saltando il secondo grado. Morale? Anche i bambini hanno capito che una maggioranza schiacciante di italiani èfavorevole a una linea più rigida contro l’immigrazione illegale. E – di nuovo – anche i bambini hanno capito il tasso di politicità dell’attacco giudiziario in corso da anni su questo tema. Noi – qui al Tempo – riconosciamo al governo l’eccellente risultato raggiunto in Ue con la lista unica europea dei Paesi dove si potranno rimandare i migranti. Ma su tutto–espulsioni in testa – chiediamo di andare ancora più veloce. Altro che “percezione”. Non se ne può più.