allahrme kasba
Soft e graduale. Ma è sempre sottomissione
Sembra soft e graduale: giorno per giorno nemmeno te ne accorgi. Ma poi alzi lo sguardo e ad esempio non vedi quasi più i negozi tradizionali di quartiere che ti avevano accompagnato durante la tua giovinezza, sostituiti dai minimarket «bangla».
Piccoli segni ma inesorabili: piano piano il profilo della nostra città (e di ogni città d’Italia) è alterato, sfigurato, trasformato in un’anonima e un po’ inquietante kasba.
E non è solo una faccenda estetica. Oggi la nostra Giulia Sorrentino, mescolando l’inchiesta de Il Tempo di tutti questi mesi sulla rete islamista con quella appena cominciata su sicurezza e degrado, ci accompagna in un viaggio per nulla rassicurante in mezzo a centri islamici e luoghi di preghiera che paiono cellule fuori controllo.
Gli stessi albergatori delle zone calde chiedono più sicurezza, più controllo, lanciano un allarme che non deve rimanere inascoltato.
Più che mai, Il Tempo rilancia una proposta dura ma di impronta rigorosamente liberale. Occorre un censimento (uso appositamente un concetto sdoganatissimo, che evoca solo positive esigenze di trasparenza) di tutti i luoghi di culto, di incontro e di associazionismo ispirati all’Islam sul nostro territorio. La medesima trasparenza va richiesta sulle relative fonti di finanziamento.
Mi sembra il minimo sindacale, a maggior ragione in assenza di un’intesa con lo stato italiano che non è stata possibile per ben due volte (con governi di centrosinistra e di centrodestra) a causa dell’opposizione proprio delle comunità islamiche. Ma questa mancata intesa non può significare mancanza di chiarezza su attività, persone, finanziamenti.
Insistiamo. Prima che sia troppo tardi. Prima che la sottomissione diventi l’opzione più probabile.