l'editoriale

Cerno: la Repubblica a testa in giù della sinistra

Tommaso Cerno

L'ultimo pirla che ha pubblicato una foto con La Russa a testa in giù è la prova che ormai a testa in giù ci sta la Repubblica italiana. E non a causa della destra. Come un sillogismo aristotelico al contrario, il Pd ha scoperto le carte. L'equazione Meloni uguale Mussolini si ripercuotesuldibattito trasformando la parola sacra della Repubblica "antifascismo" in un sottopancia da talk show. Con un profumo, so che di questi tempi la parola sta indigesta al popolo dem per vicissitudini più terrene che culturali che tirano in ballo il grande vecchio Piero Fassino, di propaganda elettorale che si sente ben oltre i muri del duty free di Fiumicino. Peccato che questo meccanismo narrativo imbracciato da molti big progressisti e dai loro mentori televisivi e letterari, da Fabio Fazio a Antonio Scurati, si comporti come un boomerang australiano.

Cancellare l'antifascismo trasformandolo in sinonimo di antigovernismo, cioè in pillola elettorale di area Dem, significa - questo sì- sconsacrare uno dei valori repubblicani su cui i padri, più democristiani che comunisti, se vogliamo dirci tutta la verità, avevano tentato di formare con fatica una unità nazionale. E questa unità nazionale aveva nel 25 aprile un giorno di tregua, una sospensione della battaglia infinita fra buoni e cattivi che ormai è diventato il dibattito politico italiano.

E invece da quest'anno quella data ha perso il suo significato. E non certo perché in Italia finalmente dopo il 2010 governa, piaccia o no a papà Salis, a Montanari, a Schlein, la coalizione che ha vinto le elezioni politiche ottenendo la maggioranza parlamentare secondo le regole della Costituzione repubblicana. Ma perché una sinistra in crisi di idee e di progetti ha deciso di festeggiare lo stesso giorno della liberazione di Milano l'inizio della campagna elettorale nel nome dell'antimelonismo. A noi si è presentata una piazza di violenti, ignoranti e facinorosi portabandiera di Hamas spacciata per figli di partigiani festanti per la caduta del regime. E a loro è rimasta e rimarrà la colpa di avere spaccato il Paese con una appropriazione indebita, sospetto furto, recidivo secondo alcuni, del profumo di libertà dal duty free nazionale.

Una nemesi di chi predica bene e razzola male, tanto in materia di fragranze quanto di flagranze, colpevole cioè di attentare alla festa di tutti sapendo bene di farlo. È bastato ascoltare gli insulti alla Brigata Ebraica e vedere la sfilata di candidati alle elezioni che hanno sostituto sui palchi e in piazza i testimoni della storia. Il risultato è la presa di coscienza che alla sinistra il fascismo piace eccome. Perché è il mantra economico e politico su cui si ritrova unità. Peccato che siamo cento anni dopo. E così facendo, per far vendere qualche libro in più a Scurati, la forza politica che sta demolendo l'unità repubblicana è proprio quella che si vanta di proteggerla. E che mostra nascondendosi dietro quella parola l'assenza di un progetto vero per il futuro dell'Italia.
Da sottoporre agli italiani. Per provare dopo quindici anni a vincere le elezioni come ha fatto Meloni.