commento

Governo di centrodestra, sui singoli interessi prevalga il bene comune

Riccardo Pedrizzi

Le ultime elezioni politiche, con il loro esito scontato, hanno segnato di fatto il ritorno, seppure appena accennato, del bipolarismo che fa intravedere, auspicabilmente, al termine del nuovo corso, il ripristino della «democrazia dell'alternanza». I giochi, però, attualmente verranno fatti ancora da tre schieramenti: L'alleanza di Centrodestra (Lega, Forza Italia e Fratelli d'Italia), i 5 Stelle e il Pd. Nelle loro mani c'è il futuro del nostro Paese. Un futuro dalle tinte fosche, che non può non destare grandi preoccupazioni e che vede attualmente la nostra economia presentare, a causa della guerra che ci sta dissanguando, grandissime difficoltà ulteriormente aggravate dal peso di un debito pubblico mastodontico, di una burocrazia complicata e spesso che non collabora e dal ritardo dei pagamenti da parte persino della Pubblica Amministrazione. La situazione dei conti pubblici, infatti, è balzata a 2.756 miliardi pari al 152% del Pil che sicuramente continuerà ad aumentare. Dinanzi a questo scenario così preoccupante il prossimo Governo, ancorché sostenuto da una maggioranza ampia e solida, corre un rischio enorme ed incalcolabile perché i mercati, gli investitori in titoli di Stato, le agenzie di rating, difficilmente potrebbero tollerare turbolenze politiche e decisioni avventate. Bisogna perciò sperare di continuare a pagare interessi sostenibili con la possibilità di avere nel prossimo anno una crescita del Pil più consistente. Ma occorre fare presto, perché non è difficile prevedere che la politica monetaria della Bce potrebbe provocare inevitabilmente una restrizione del credito alle imprese ed alle famiglie, facendo abortire i sintomi di ripresa e di crescita, che pur avevamo registrato dopo la pandemia.

Il futuro dell'Italia perciò dipenderà dalle decisioni che le forze politiche (prima fra tutte il Centrodestra, che è al governo, ma anche, 5 Stelle e Pd che sono all'opposizione) assumeranno per assicurare una pace sociale quanto mai necessaria per dare stabilità, affidabilità e credibilità al nostro Paese: all'interno, diffondendo e promuovendo la fiducia e, soprattutto, all'esterno e, purtroppo, piaccia o non piaccia a quell'entità senza volto, che è rappresentata dai «mercati». E la stabilità, l'affidabilità e la credibilità potranno essere conseguite e realizzate solamente se la nuova classe dirigente, che siede attualmente in Parlamento, saprà riscoprire l'interesse generale e tendere al «Bene comune», che non è la somma degli interessi dei singoli e non consiste «nella semplice somma dei beni particolari di ciascun soggetto del corpo sociale. Essendo di tutti e di ciascuno è e rimane comune, perché indivisibile e perché soltanto insieme è possibile raggiungerlo, accrescerlo e custodirlo, anche in vista del futuro» (Costituzione pastorale «Gaudium et spes»). Questo grande, corale obbiettivo e questo risultato potranno essere raggiunti e realizzati solamente se i singoli soggetti politici sapranno mettere da parte i propri interessi particolari, le proprie rivendicazioni partigiane, i propri odii del passato e del presente e formare un blocco di responsabilità in grado di affrontare i gravissimi problemi che assillano le nostre famiglie e le nostre imprese. Si tratta ora di formare subito il governo, così come è sempre avvenuto ed avviene quando un Paese è in guerra. E noi siamo nel pieno di una guerra.