il commento

Pensare che lo ius soli risolva il problema dell'immigrazione è da ingenui

Riccardo Mazzoni

Il gruppo di molestatori nordafricani delle dieci ragazze «bianche» sul treno da Gardaland (evitiamo di definirlo «branco», potrebbe urtare la suscettibilità di qualche anima bella) ha ricordato molto da vicino i fatti incresciosi della notte di Capodanno, quando un gruppo di giovani maghrebini di seconda generazione aggredì decine di ragazze nel centro di Milano. Si tratta di due episodi speculari e ugualmente inquietanti, che, al di là dei risvolti penali sui quali è doveroso intervenire con zero tolleranza, fanno anche riflettere sulla difficoltà di integrare l’immigrazione musulmana. Questo è un dato di fatto inoppugnabile, e da qui bisogna partire per ricercare le cause profonde di queste violenze.

Una cosa è certa: non si può giustificare sempre tutto, come fa la sinistra, col disagio sociale e con l’emarginazione in cui vivono sacche di giovani sbandati e fuori controllo, perché si rischia di confondere la causa con l’effetto, e la vera domanda da porsi è se una parte di questa nuova generazione di immigrati rifiuti pregiudizialmente l’identità italiana, e con essa quindi la nostra cultura, per cui una ragazza che non porta il velo diventa il bersaglio «legittimo» di ogni tipo di oltraggio. È una questione sulla quale non si può procedere per semplificazioni e per slogan come sta facendo il Pd, che spinge per approvare entro fine anno lo ius soli, un’idea storica della sinistra italiana declinata nel tempo in più forme, dalla «cittadinanza sociale» allo ius culturae.

L’esperienza insegna che non è automatica - con la cittadinanza - l’integrazione di ragazzi che vivono in famiglie e in comunità che non hanno alcuna intenzione di integrarsi. Non vanno dimenticate, in questo senso, le recenti esperienze di altri Paesi europei come la Gran Bretagna, la Francia e l’Olanda, in cui si sono creati veri e propri ghetti identitari in cui, nei casi estremi, la sharia ha sostituito le leggi dello Stato. Proprio l’Olanda, la patria di tutte le libertà, il laboratorio più avanzato del multiculturalismo, ha conosciuto dall’inizio di questo secolo una profonda crisi, il cui apice fu l’assassinio del regista Theo Van Gogh ad Amsterdam per mano di un giovane immigrato, e ora tutti concordano che il multiculturalismo è una scatola vuota di valori, incapace di cementare un’identità condivisa.

Chi invoca l'esigenza di dare ope legis la cittadinanza ai minori nati in Italia, che studiano e vivono qui, che sono alcune centinaia di migliaia, sostiene che lasciarli nella terra di nessuno - non possono sentirsi cittadini dei Paesi di origine dei genitori, ma non possono neanche sentirsi italiani fino in fondo - comporterebbe un rischio gravissimo: questa massa di giovani potrebbe infatti trasformarsi in una vera e propria bomba sociale a orologeria. I ragazzi stranieri in Italia appartengono a decine di etnie diverse, peccato però che quella maghrebina abbia dimostrato di essere quella con più capacità di aggregazione in termini purtroppo negativi, come attesta la maxirissa di Peschiera del Garda, con scene simili a quelle usuali nelle banlieues parigine. Pensare quindi di innescare un automatismo virtuoso tra concessione della cittadinanza e integrazione è a tutti gli effetti un’illusione ottica, e la sinistra finge di non saperlo nella prospettiva di lucrarci elettoralmente domani.

Il problema vero è quello di saper coniugare accoglienza e legalità senza cedimenti alle sole ragioni degli altri, perché difendere i diritti degli immigrati senza citarne mai i doveri significa imboccare la strada del dialogo a senso unico, che non è più dialogo ma semplicemente una resa. Senza una convinta adesione ai nostri valori fondanti, insomma, non può esserci cittadinanza, che si deve acquisire solo al termine di un reale percorso di integrazione, e non può mai trasformarsi in una scorciatoia per diventare italiani. Il rischio di radicalizzazione di queste masse di ragazzi non si scongiura con il buonismo, ma con il controllo di legalità e con la chiusura delle moschee fai-da-te trasformate in madrasse da improvvisati imam che predicano l’odio contro l’Occidente.