TERREMOTO IN VATICANO

Aria di scandali, il Papa corre ai ripari

Luigi Bisignani

Caro direttore, sempre più scosso dai casi di omosessualità nei clero, Bergoglio sta per compiere un gesto clamoroso: l'istituzione di un moderator curiae, molto più di un direttore generale del personale obbligato ad assumere informazioni su ogni nuova nomina, tramite la Gendarmeria vaticana. Una decisione forte, si pensa, perché a breve, pare, potrebbe esplodere l’ennesimo caso che coinvolgerebbe, questa volta, un riverito monsignore. La Gendarmeria, fino ad oggi, è stata interpellata in poche occasioni prima delle nomine. Tradizionalmente la moralità di chi deve ricevere un incarico era garantita dal Sostituto della Segreteria, avvalendosi, il più delle volte, di informazioni fornite dai membri del movimento dei Focolari che negli ultimi 30 anni si sono inseriti in tutti i gangli importanti d’Oltretevere. Il moderator curiae era una idea del Segretario di Stato Parolin, per rendere ancora più operativa la Gendarmeria, essendo questa molto ben collegata all'Interpol. Non è detto che questa delicata nuova funzione venga già comunicata, assieme alla nomina di tre nuovi Nunzi, domani nel corso del C9 ,il gruppo di Cardinali che sta studiano la riforma della Curia e la nuova Costituzione Apostolica. I tre nuovi Nunzi a Singapore in Armenia e Corea, dovrebbero essere tre pezzi da novanta in Vaticano rispettivamente Antoine Camilleri, Jose Bettencourt e Alfred Xuereb. A dare invece un’accelerazione alla decisione di Bergoglio per il nuovo Super Sceriffo pare sia stata la condanna a 14 mesi per possesso di materiale pedopornografico, con sospensione condizionale della pena, di Monsignor Pietro Amenta. Esperto e docente di diritto canonico, giudice del Tribunale della Rota Romana, non era nuovo a reati simili, ma è stato denunciato ancora, nel marzo 2017, da un ragazzo romeno appena diciottenne. C’è da chiedersi come fa il sistema vaticano a stendere tali veli sulla vita dei propri funzionari chierici. Non a caso nella relazione per l'apertura dell'anno giudiziario, il promotore di giustizia Gian Piero Milano ha effettivamente parlato di due inchieste, riguardanti prelati omosessuali e supposti pedofili, in corso di istruzione «rigo- rosa e segreta» che riguarderebbero, tra l’altro, una personalità molto vicina al Papa e molto apprezzata e conosciuta nel mondo dei media e della cultura, frequentatore, secondo alcune indiscrezioni non confermate, di un appartamento «attenzionato» nei pressi di via della Scrofa a Roma. Scoperchiare tali azioni, che disonorano la missione sacerdotale, è infatti giuridicamente molto difficile. Qualche vescovo, che ha tentato con coraggio di intervenire davanti ad episodi deplorevoli, si è ritrovato querelato per calunnia. Una possibile soluzione sarebbe quella di «affidare» alla magistratura penale italiana sia i casi moralmente riprovevoli sia l’eventuale (e sempre più frequente) abuso dei beni ecclesiastici. Perché se un vescovo fa partire il procedimento canonico rischia la querela per calunnia, se non lo fa rischia la chiamata di correo. È un buco del Concordato che dovrebbe essere sanato, magari stabilendo che la magistratura civile ha un ruolo di «supporto» per il controllo degli atti delle persone giuridiche ecclesiastiche che amministrano, oppure ricevono, i proventi dell’otto per mille. Questa è un’opinione che serpeggia forte tra i vescovi, ma la Cei continua a far finta di non sentirla, anche se è un argomento di grande attualità sul quale Bergoglio sta ponendo la massima attenzione, investendo del problema un qualificato gruppo di giuristi cattolici. L’otto marzo, infatti, davanti al Gup di Massa comparirà don Luca Morini, ribattezzato dall’opinione pubblica don Euro per l’uso «disinvolto» dei fondi della Curia. E sarà in compagnia del suo vescovo Giovanni Santucci e dell’ex parroco Emiliano Colombi, sospettati di aver coperto la sua attività omosessuale. In realtà, le intercettazioni su don Morini hanno fatto venire alla luce fatti assai poco edificanti che coinvolgono una ventina di ecclesiastici delle diocesi di Massa Carrara, Pontremoli e La Spezia, capitanati, come sembrerebbe, da tre sacerdoti lì molto noti. A far scoppiare il caso è stato Francesco Mangiacapra, un avvocato che ha lasciato la professione forense per quella , come si definisce, di «escort gay», specializzandosi nel ramo dei festini con sacerdoti. A suo dire, dopo aver inutilmente tentato di interessare la Curia di Massa, aveva consegnato il dossier di don Morini alla stampa e poi a un suo libro, intitolato «Il numero uno. Confessioni di un marchettaro». La settimana scorsa, Mangiacapra ha depositato a Napoli un nuovo imbarazzante fascicolo con oltre mille copie di chat e 50 nomi di preti e seminaristi coinvolti. Per Bergoglio la misura è ormai colma e occorre davvero, non solo a parole, correre ai ripari.