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Rapine, ricettazione e riciclaggio: sette trans in manette

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Mary Tagliazucchi

Una banda di transessuali spalleggiati da cittadini algerini aveva creato nel cuore della Capitale una vera ‘multinazionale del crimine’ fra furti, rapine, ricettazione, riciclaggio internazionale e favoreggiamento della prostituzione. Dieci gli indagati, di cui sette sono finiti direttamente in carcere e tre hanno al momento l’obbligo di presentazione alla P.G. Il provvedimento arriva dopo un’accurata e intensa operazione, condotta nei mesi di dicembre 2016 e gennaio 2017 dai Carabinieri del Nucleo Operativo della Compagnia Roma Centro, sotto la direzione della Procura della Repubblica di Roma – gruppo reati gravi contro il patrimonio e gli stupefacenti-, che ha permesso di individuare un gruppo di transessuali che si prostituivano, inclini alla frequente commissione di rapine e furti in danno di clienti o nei confronti di occasionali persone in transito (spesso avventori di discoteche). L’indagine, condotta tramite attività tecniche e numerosi servizi di osservazione e pedinamento, ha permesso di documentare come la prostituzione era un mezzo per commettere reati predatori anche violenti, con la spregiudicatezza dovuta anche alla certezza che le vittime, per la paura di far scoprire il proprio “vizietto” difficilmente avrebbero sporto denuncia. I componenti dell’attiva ‘banda’ - si è scoperto nel corso delle telefonate intercettate -  parlavano con assoluta naturalezza della loro attività delinquenziale come si trattasse di una normale attività lavorativa, circostanza che denota una totale spregiudicatezza ed una elevata propensione al crimine. Il sistema ‘operativo’ messo in atto prevedeva, inoltre, alcuni fiancheggiatori, di diversa nazionalità, che accompagnavano le transessuali suoi luoghi “di lavoro”, fornivano copertura e sicurezza durante l’espletamento delle loro attività illecite, gravitando in zona con i loro veicoli, fornendo informazioni sui clienti da ‘agganciare’ (possessori di orologi ed oggetti d’oro di valore oppure individui ubriachi o in età avanzata, facilmente depredabili per le loro condizioni psicofisiche), eventuale presenza in loco delle forze dell’ordine o di qualsiasi altra situazione di pericolo. In diverse occasioni partecipavano attivamente essi stessi alle rapine o concorrevano nell’occultare la refurtiva, spesso facendosi retribuire per il loro appoggio con prestazioni sessuali. Attività tecniche e numerosi servizi di osservazione e pedinamento hanno permesso nel corso delle indagini di documentare come la prostituzione era un mezzo per commettere reati predatori anche violenti, con la spregiudicatezza dovuta anche alla certezza che le vittime, per la paura di far scoprire i loro ‘altarini’, difficilmente avrebbero sporto denuncia. Organizzato al minimo dettaglio anche il traffico internazionale, messo in atto da alcuni indagati algerini che promuovevano viaggi periodici (quasi a cadenza bisettimanale), utilizzando il vettore aereo, finalizzati al trasporto nel loro Paese d’origine di ingenti carichi di merce elettronica (tablet, Iphone, cellulari, smartphone, computer, notebook, laptop di ultima generazione etc.), dove venivano “sbloccati” per essere reimmessi nel mercato come nuovi, ricavando facili e lucrosi utili. Questo generava in nord Africa un invidiabile discount di elettronica.