ROMA

Lo chef di Qvinto: "Così la mia carne alla griglia diventa speciale"

Paolo Zappitelli

C’è la tradizione, con le paste «romanissime» - dalla matriciana alla carbonara alla cacio e pepe - c’è la brace per la carne - selezionata dallo chef che è andato a verificare di persona gli allevamenti - c’è la pizzeria dove lavora Ivano Veccia, «pescato» direttamente da Ischia, e c’è l’offerta dei dolci, curata da un giovane pasticcere, Alessandro Capotosti, che ne segue la produzione dalla colazione al pranzo, dall’ora del tè fino alla cena. È l’offerta di «Qvinto», il ristorante aperto con la nuova gestione nel parco da cui prende il nome (via delle Fornaci di Tor di Quinto) e di cui i proprietari hanno avuto dal Comune la gestione e la cura del verde. In cucina c’è il giovanissimo Daniele Creti 34 anni, un passato in ristoranti stellati (Locanda del Pilone, vicino ad Alba, poi al Mirabelle a Roma) e dal 2019 approdato da Qvinto. «Qui ho impostato tutto su piatti della tradizione e soprattutto sulle carni - racconta - Sono andato a selezionarle personalmente a vedere come vengono allevati gli animali. È un elemento importante che incide poi sulla morbidezza e sul gusto di quello che cuciniamo. Perché puoi anche trovare una bistecca che costa poco ma sai che cosa stai mangiando? La differenza si sente sempre». Un’attenzione che lo ha portato a utilizzare anche una (relativamente) nuova razza, il Marango, ottenuto da un incrocio tra black angus e vacca marchigiana. La particolarità è quella di avere una carne che diventa tenera anche con pochissima frollatura. Due «grillisti» lo aiutano davanti alla brace. Ma la supervisione è sempre la sua. «La cosa su cui mi raccomando di più è di far riposare la carne, di farla "sudare". Va fatto passare il giusto tempo da quando si tira fuori dal frigo a quando si mette in cottura. Solo così il grasso si scioglie bene e la rende succosa e morbida. Altrimenti lo choc termico la fa diventare dura e immangiabile». Ma l’attenzione per la tradizione si trova anche in un altro piatto, le polpette con il macinato di vitella. «Sono quelle che faceva mia nonna, è lei che mi ha trasmesso questa passione - racconta - Io ho cominciato in trattoria e lì ho imparato le basi. Sono quelle che poi ci portiamo dietro. A fare i piatti gourmet si impara in pochi mesi ma se non conosci la tradizione non vai da nessuna parte. E lo dico a chi pensa che cucinare sia come essere a Masterchef...». Tanta innovazione, invece, nella pasticceria curata da Alessandro Capotosti che per la presentazione, ad esempio, del suo TiramiQvinto con tre salse di yogurt agrumato si è ispirato ai quadri di Pollock. «L’arte mi ha sempre colpito, affascinato - spiega - e mi piace provare a "riproporla"».