POLITICA E ITALIA DIVISE

Noi stiamo con Mario, il ristoratore di Lodi

Gian Marco Chiocci

Sapete che c'è? Noi stiamo con questo signore: Mario Cattaneo. Perché non se ne può più del Paese dei cavilli, di quel diritto degenerato nel burocratismo e mutuato nel buonismo d’accatto, che invece di tutelare giustizia e libertà espone a una persecuzione senza fine quanti ci finiscono in mezzo. Stiamo con l’oste di Casaletto Lodigiano che ieri notte ha fatto quel che farebbe ciascun buon padre di famiglia: ha difeso il suo territorio, le sue cose, quanto ha costruito nella vita. E ha sparato, purtroppo uccidendo il ladro che si era introdotto nella sua trattoria. Ovviamente il ristoratore è finito indagato e la sua vita, per mille motivi, non sarà più la stessa. Un motivo in più per non lasciarlo solo perché al diritto sancito dalla perversione della norma preferiamo quello naturale, che assegna ad ogni uomo il compito di proteggere i suoi cari e le sue proprietà. Senza stare poi a radiografare le condizioni in cui l’ha fatto, se di superiorità o inferiorità strumentale nei confronti del malintenzionato di turno. Se quest’ultimo era di spalle o no, se stava scappando o no. Perché le leggi concepite al caldo dello scranno parlamentare implicano che un povero Cristo, trovandosi un ladro davanti, debba fare delle valutazioni oggettive del tutto irragionevoli considerando la concitazione del momento. E dunque caldeggiamo una legittima difesa senza equivoci, disposti a sostenere una raccolta di firme affinché la possibilità di proteggersi sia riconosciuta, senza zone grigie, dal codice. Specialmente oggi nel dilagare mediatico del partito sinistro dell’antipolizia proiettato a colpevolizzare sempre le divise e a far passare una legge anti-tortura (la solita ipocrisia del nome aulico) destinata a inibire anche un semplice interrogatorio. Oggi più che mai serve una consapevolezza popolare diffusa. Serve alzare la voce. Serve battere i pugni e battersi per Mario. Serve capire che quel che è capitato a lui domani potrebbe capitare a voi. Perché la convivenza civile, quella vera, non alberga nelle chiacchiere dei perbenisti zuccherosi. Passa dal non essere vulnerabili in casa propria.