Primero Roma

Da un'idea di quartiere a tre negozi e una community nazionale: la storia di Fulvio Maria Riccieri e Simone D'Angelo

Luca Rossignoli

Nel 2018, mentre il mercato italiano della canapa legale era ancora territorio inesplorato, due ragazzi romani decidevano di scommettere su un'idea semplice ma controcorrente: portare a domicilio, in modo trasparente e regolamentato, prodotti derivati da canapa industriale.

Fulvio Maria Riccieri, classe 1993, e Simone D'Angelo, classe 1995, non avevano alle spalle grandi capitali né esperienze consolidate nel settore. Avevano però intuito che la legge 242/2016 — quella che disciplina la filiera della canapa industriale in Italia — apriva uno spazio nuovo, ancora tutto da costruire.

  

Sette anni dopo, Primero Roma è diventata qualcosa di molto diverso da quel primo esperimento di quartiere: tre punti vendita nella capitale, un servizio strutturato di consegna a domicilio su Roma, spedizioni in tutta Italia e una community online che segue quotidianamente le iniziative del brand.

Non solo vendita: costruire cultura attorno a una pianta fraintesa

Quello che distingue il percorso di Riccieri e D'Angelo da molti competitor è la scelta, fatta fin dall'inizio, di non limitarsi a vendere un prodotto. L'obiettivo dichiarato era un altro: costruire cultura attorno a una pianta per anni associata a stereotipi e fraintendimenti, spiegando cosa significa canapa legale, quali sono i limiti della normativa e quali opportunità esistono per chi cerca alternative regolamentate.

«Prima di essere un negozio, Primero Roma è sempre stata una finestra informativa», racconta Riccieri. «Chi entra da noi o ci contatta online non trova solo prodotti, ma risposte, schede, trasparenza. Per un settore spesso etichettato in modo superficiale, questo è stato il nostro vero elemento di rottura».

Nel tempo, questo approccio si è tradotto in un modello di retail che potremmo definire "educativo": dialogo costante con il cliente, spiegazione delle differenze tra i vari prodotti, attenzione alla qualità delle materie prime e cura del servizio post-vendita.

Quindici persone, tutte under 30

Un altro elemento che emerge dalla storia di Primero Roma riguarda il lavoro. L'azienda ha coinvolto e formato nel tempo un team stabile di circa quindici persone, tra addetti ai punti vendita, logistica, customer care e comunicazione digitale. Quasi tutti giovani, quasi tutti romani.

«Abbiamo scelto di investire su ragazzi e ragazze che credono nel progetto, nella legalità e nella possibilità di fare impresa in un settore regolamentato», spiega D'Angelo. «Il nostro è un laboratorio continuo di competenze: chi lavora qui impara a gestire clienti, magazzino, normative e contenuti digitali. È una palestra imprenditoriale, oltre che un'azienda».

Marketing non convenzionale e community

Dai primi anni, i due fondatori hanno puntato su una strategia di comunicazione non convenzionale, spesso anticipando trend oggi comuni nel retail digitale: giochi online, contest, dirette social, iniziative a premi e format dedicati hanno trasformato la semplice clientela in una community attiva, che interagisce, partecipa e contribuisce a diffondere il brand.

Su Instagram, TikTok e le altre piattaforme, il nome Primero Roma è associato a contenuti ironici, a tratti borderline, ma sempre attenti a rimanere in un perimetro comunicativo rispettoso delle regole. Un equilibrio non facile da mantenere in un settore dove la linea tra lecito e illecito è spesso sottile — almeno nella percezione pubblica.

Oltre il negozio: agricoltura e progetti di filiera

Negli ultimi anni, il lavoro di Riccieri e D'Angelo si è allargato oltre i confini del retail. Il brand Primero oggi include un ramo agricolo dedicato alla coltivazione di canapa industriale, collaborazioni con realtà associative del settore e progetti di formazione rivolti a chi vuole capire meglio questo mondo.

L'obiettivo dichiarato è contribuire allo sviluppo di una filiera italiana della canapa legale più trasparente, tracciabile e sostenibile. Un obiettivo ambizioso, in un contesto normativo ancora frammentato e spesso ostile.

«Abbiamo iniziato come due ragazzi con un'idea e qualche scaffale in un quartiere di Roma», conclude Riccieri. «Oggi il nome Primero Roma è legato a consegne a domicilio, negozi fisici, agricoltura, contenuti digitali e un lavoro quotidiano per normalizzare un settore regolamentato. Il prossimo passo è continuare a crescere senza perdere questo DNA: giovani, trasparenti, radicati sul territorio e con lo sguardo rivolto all'Europa».