cronaca
“Social, indifferenza e salvezza: la fede e la rete che hanno fermato un suicidio in diretta”
Salvato dal suicidio durante una diretta sui social network, grazie all'intervento di un sacerdote. Il caso è stato raccontato dal programma Incidente Probatorio, in onda sul canale 122 Fatti di Nera. Era inizio ottobre, era in corso una live sul social network TikTok promossa dal team “Amici per caso”, quando a un certo punto si è introdotto un uomo che manifestava ed esprimeva il suo disagio. Alcune frasi precise hanno fatto scattare l'allarme ed è riuscito ad attirare l'attenzione, prima delle operatrici, poi di don Corrado Puliatti, sacerdote della chiesa ortodossa, che ha compreso che l'uomo stesse manifestando il proprio desiderio di farla finita. Da questo messaggio si è attivata nell'immediato la mobilitazione e l'impegno di don Corrado, che è riuscito a muoversi, a instaurare un dialogo sincero, autentico, con quest'uomo. Originario di Noto, in Sicilia, don Corrado da anni è impegnato per i più fragili e per le periferie, contro violenza, droga e marginalità. Durante quella diretta social ha colto i segnali di disperazione, ha sentito un grido silenzioso che chiedeva aiuto, ha parlato con lui, è riuscito a instaurare un rapporto di fiducia, a farsi dare il numero di telefono e il luogo di residenza, ha chiamato le autorità ed è riuscito a salvarlo.
“Ero a casa – ha raccontato don Corrado Puliatti, sacerdote ortodosso antimafia – e vengo contattato dalla responsabile del team Amici per caso, un gruppo che nasce per tutelare i ragazzi su TikTok. In una diretta di un'altra responsabile c’era una persona che manifestava problemi. Non nascondo la paura e il panico, ho pregato Dio per trovare le giuste parole. Siamo riusciti a farci dare il numero, il nome e cognome, ho avvertito il numero unico per le emergenze e i carabinieri sono riusciti a intervenire durante la telefonata. Eravamo ancora in videochiamata, fuori dalla live, e mentre parlava con noi sono entrati i carabinieri in casa. Con un escamotage ero riuscito a farmi dare il numero di telefono e a sapere il luogo in cui vive. Lui parlava di questo allontanamento della moglie, una forte delusione d’amore. Oggi lo abbiamo sentito e lui non ricorda quasi nulla di quella sera. C’è stato anche un lato comico in questa situazione, perché il soggetto fumava e io, per creare empatia, ho fumato tanto in videochiamata. Il web purtroppo oggi mette in pausa, spesso i genitori mettono i telefonini in mano ai figli per intrattenerli, ma la cosa importante è non sostituire la figura genitoriale con gli smartphone. Purtroppo spesso i ragazzi sono inascoltati, l’obiettivo del nostro gruppo è controllare, vigilare e correre in aiuto se serve”.
Obiettivi che Nadia Burani, fondatrice del team "Amici per caso", ha spiegato nel dettaglio: “Tenere compagnia ai ragazzi speciali, a cui spesso i genitori lasciano i cellulari in mano come una sorta di babysitter. Invece, nel web c’è il mondo e ci sono tanti pericoli. Ai ragazzi speciali vengono chieste, ad esempio, foto; loro non hanno la malizia di capire il perché di quella richiesta. È un lavoro complesso, dove sono presenti tante persone per stare dietro a questi ragazzi. Abbiamo creato un’amicizia con loro, sono 122 ragazzi che seguiamo online, spesso vittime anche dei leoni da tastiera che li insultano. Ed è vero, siamo tutti responsabili se vediamo certe cose e non interveniamo. Quella sera è stata un fulmine a ciel sereno, ci aspettavamo i ragazzi che ci chiedevano determinate cose sulla fetta di indifferenza che c’è sui social. Io sono convinta che se quell’uomo non avesse visto don Corrado, non si sarebbe fermato. Lo ha identificato in quella figura per la ricerca di aiuto, come i ragazzi cercano chi li protegge”.
“La figura spirituale – ha commentato Mary Petrillo, psicologa e criminologa – in questi casi per alcune persone è molto importante, può rappresentare un’ancora di salvezza. Una figura quasi paterna, familiare. Il messaggio è importante perché attraverso i social solitamente avvengono purtroppo catene di contagio al contrario, il cosiddetto effetto Werther digitale. Molto importante dare un contributo positivo. Bisogna parlare della responsabilità dei social e di chi assiste in modo passivo, guardando senza avvisare le forze dell’ordine. Invece, grazie a don Corrado e alle persone che lavorano con lui, è avvenuto qualcosa di straordinario e di positivo. Andrebbe istituito un reato di omissione digitale collettiva, anche i social hanno delle responsabilità. Grazie all’uso dell’intelligenza artificiale, le società potrebbero attivare algoritmi che vanno a cogliere quei post e quei messaggi che nascondono intenzioni negative. Dobbiamo evitare che accada quel voyeurismo social, invece serve supporto a chi è in difficoltà. Sui social andrebbero sponsorizzate più cose di questo tipo”.
“Ormai i giovani credono che il mondo sia tutto lì in quello smartphone – ha aggiunto Rita Cecilia Cito, scrittrice e titolare di Family Editore – invece io cerco di mostrare loro che il mondo reale è anche altro. Cominciano a parlare, a conversare, e spesso vengono fuori situazioni che neanche gli insegnanti avevano notato prima. Si sentono ascoltati e hanno bisogno del dialogo, cosa che si è persa. In sé, il social non è nato con intenzioni negative, serviva per mettere in comunicazione persone a distanza, ma l’uso scorretto porta a fenomeni drammatici”.
Partendo dalla circostanza che l’uomo salvato oggi non ricordi più nulla dell’accaduto, il professor Tommaso Spasari, docente Unicusano Medicina Legale, ha sottolineato come “dimenticare è meccanismo di autodifesa del cervello. C’è una distinzione tra rimozione inconscia legata a eventi traumatici e la scotomizzazione che è volontaria. Sono meccanismi di difesa con i quali il cervello cerca di difendersi da eventi traumatici. La mente cerca di allontanarsi dai ricordi dolorosi, cosa che capita anche con l’elaborazione del lutto. Questa persona che è stata provvidenzialmente soccorsa da don Corrado purtroppo attraversava una fase depressiva, ma aveva anche un gran bisogno di parlare con qualcuno”.