detenzione
Sovraffollamento senza soluzione: la realtà drammatica delle carceri italiane
Oltre 62mila persone vivono nelle carceri italiane. Una città di media grandezza, disseminata tra i vari istituti penitenziari sparsi per l'Italia, una popolazione di scomparsi, di dimenticati, tra diritti negati, rieducazione spesso inesistente e sovraffollamento. Il programma Psiche Criminale – Scomparsi, in onda sul canale 122 Fatti di Nera, ha trasmesso un approfondimento sull'argomento, partendo da un dato comunicato dallo stesso ministro della Giustizia Carlo Nordio, che ha riconosciuto la presenza di un'eccedenza di circa il 15% rispetto alla capienza effettiva. Spesso i detenuti sono costretti a vivere in quattro all'interno di celle di 3 metri per 2 metri, con bagni senza porte.
“È un tema complesso – ha detto Tiziana Ciavardini, Direttrice Canale 122 – si parte proprio dal ruolo del carcere che servirebbe per rieducare il detenuto e permettergli il reinserimento nella società, fargli capire gli sbagli commessi e i veri valori della vita. In alcuni casi funziona, ma in tanti altri no. Il vero problema è che in Italia di carceri si parla pochissimo, di detenuti non vogliamo saperne, perché li consideriamo lontani. E la vita nelle carceri è considerata un mondo a parte, invece dovremmo avvicinarci di più a questo mondo. È un tema sensibile, che viene affrontato poco e del quale non si vuole parlare, come se quel muro segnasse il confine tra la realtà e qualcosa che non fa parte della nostra quotidianità.” L'appello di Tiziana Ciavardini è andato alla politica che “deve fare qualcosa. Ci sono troppi suicidi, non solo tra i detenuti, ma anche tra chi lavora nelle carceri, perché si scompare da se stessi. C'è qualcosa che non va, va rivisto tutto. Le carceri minorili, poi, non dovrebbero esistere, andrebbero riformate. Il carcere, in generale, dovrebbe servire a far comprendere gli errori commessi, aiutare a fare autocritica che, da soli, i detenuti non possono fare. Inoltre ci sono sempre più evasioni. Tutto è legato a ciò che si trova all'interno delle carceri; anche per chi lavora in brutture del genere è un fallimento dello Stato. Inoltre, per quanto riguarda i minori, con il decreto Caivano si è visto che non è stato un deterrente inasprire le norme, ci vuole una rivoluzione culturale, così come per i femminicidi, dove sono stati inutili braccialetti e codice rosso.”
Lillo Di Mauro, presidente Children Rights Convention Italia, si è soffermato su alcuni numeri: “Nel 2024, i minorenni segnalati ai servizi sono stati 14mila, in netto vantaggio rispetto al 2002 quando erano 21mila, ma con un incremento del 13% rispetto al 2023, quando sono stati 12mila. Di quei 14mila, i soggetti già noti sono stati soltanto il 7%, mentre il 93% dei minori che hanno compiuto reati sono nuovi. Questo dato ci dà la misura che fare leggi come il decreto Caivano non serve assolutamente a nulla per aiutare e sostenere i giovani a non compiere reati. Gli stessi dati, invece, dicono che la messa alla prova per i minori è importante e valida come misura per aiutare i giovani a non ripetere gli errori. Io conduco un laboratorio di scrittura autobiografica per minori, dove vengono inseriti per la messa alla prova. Non serve a diventare un famoso scrittore, ma per mettersi a confronto con se stessi. Spesso dimentichiamo che chi commette reati, al di là di alcuni casi, si tratta di ragazzi che provengono da ambienti disagiati a livello economico e soprattutto culturale, persone che non sono abituate a confrontarsi con se stesse e con i valori della vita. Le attività e il volontariato si dovrebbero concentrare sulla questione dei minori. In Italia ci sono circa 100mila figli di detenuti, il 60% se non vengono raggiunti da servizi possono compiere reati per emulazione, imitando semplicemente i genitori. Su tutto questo bisogna lavorare con forza. Un detenuto adulto, se vuole, può in qualche modo allontanarsi dall'attività criminale, mentre il giovane va aiutato a non entrarci proprio in quel circuito criminale.” Di Mauro ha sottolineato anche come “il termine ‘scomparsi’ credo si possa applicare a tutti i detenuti delle carceri italiane. Il muro di cinta è il confine tra Stato, società civile e persone detenute. Per gli anni che dovranno scontare in carcere, i detenuti vivono in un pianeta diverso dal nostro, con regole e attività che non hanno nulla a che vedere con la vita quotidiana di un individuo.”
“Ogni estate – ha aggiunto Giulia Crivellini, avvocato Associazione Luca Coscioni – viene definita un'emergenza carcere, ma che emergenza non è, visto che si tratta di una situazione ormai fisiologica. Ci sono 15mila detenuti in più rispetto agli spazi minimi che le nostre carceri possano prevedere. Le uniche soluzioni governative propongono di costruire nuove carceri, ma i numeri dicono che si tratta di una soluzione fallimentare. Il sovraffollamento è solo una delle problematiche del sistema carcerario, che deve fare i conti con la carenza di personale tra polizia penitenziaria, educatori, mediatori culturali, psicoterapeuti, che ha ripercussioni enormi su chi vive questi luoghi, sia detenuti che personale, evidenziate dall'aumento dei suicidi. Negli 17 istituti minorili italiani, i numeri in ingresso sono in netto aumento a causa delle misure legislative che non sono da deterrente. Il decreto Caivano non ha creato cultura, ma più reati. Le carceri, ormai, sono luoghi criminogeni, che producono più crimine e non rieducano affatto. Bisogna migliorare quei luoghi e renderli meno disumani per far diminuire il crimine e i reati.”
Filippo Blengino, presidente Radicali Italiani, ha ricordato come “essendo le carceri quasi sempre fisicamente luoghi fuori dalle città, diventa difficile per i cittadini anche vigilare su ciò che avviene in queste strutture. Il decreto Caivano ha portato a sovraffollare gli istituti penitenziari minorili anche per reati minori, come lo spaccio di droga. Oggi il dato è che il 70% di chi esce dagli IPM ritorna in carcere, il tasso di recidiva più alto d'Europa. Solo il 10% dei detenuti ha una pericolosità sociale concreta, dunque serve un incremento di misure alternative per diminuire la recidiva, per liberare posti e per rendere il sistema giustizia più efficace”.
La puntata “Scomparire in carcere” è disponibile sulla piattaforma Cusanomediaplay.it.