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Lupara Bianca: il triangolo maledetto dove le vittime spariscono nel nulla
Tra i metodi utilizzati dalle mafie per eliminare nemici e persone scomode, la “lupara bianca” è forse il più subdolo, perché implica la sparizione del corpo della vittima che, dunque, formalmente resta uno scomparso. Questo non permette ai familiari di poter piangere il proprio caro, in un dolore che continua a rinnovarsi. Un particolare lembo di territorio della Calabria, in provincia di Vibo Valentia, viene definito da anni il “triangolo della lupara bianca”, un buco nero dove decine di vittime di 'Ndrangheta sono scomparse nel nulla, nel triste rispetto di un codice spietato scritto da una criminalità organizzata crudele, che riesce a godere di una grande omertà che cancella ogni traccia. Il programma Psiche Criminale – Scomparsi, in onda sul canale 122 Fatti di Nera, ha approfondito la tematica che rende il territorio compreso tra Francavilla Angitola, Limbadi e Curinga il triangolo della lupara bianca, dove ogni 'Ndrina ha almeno una vittima in famiglia che ha subito questa terribile sorte.
Sono oltre 50 gli omicidi senza cadavere consumati in pochi decenni in questa zona impervia e segnata da faide di 'ndrangheta, dove la brutalità mafiosa si consuma tra boschi e strade isolate. A raccontarlo nei minimi dettagli, con un lungo elenco di nomi e cognomi, è l'inchiesta “Gli scomparsi di mafia”, pubblicata a settembre 2024 dal periodico di Libera e del Gruppo Abele, La via Libera. La provincia di Vibo Valentia detiene il triste primato nazionale di omicidi mafiosi in cui le vittime spariscono nel nulla: uccise, bruciate, fatte a pezzi e date in pasto ai maiali, sciolte nell'acido. Una brutale macchina della morte che cancella le tracce.
Come avvenuto per Maria Chindamo, imprenditrice scomparsa il 6 maggio 2016 davanti alla sua azienda agricola: dalle inchieste è emerso che è stata uccisa, fatta a pezzi e data in pasto ai maiali. “Conosco bene la sua famiglia e la zona – ha spiegato Klaus Davi, giornalista investigativo e massmediologo – così come Emanuele Mancuso, uno dei testimoni chiave che ha fatto sbloccare l’inchiesta, già da figlio di boss quando era intraneo alla cosca, ma lo incontro anche ora che è collaboratore di giustizia. Ho saputo tutta la vicenda direttamente da lui. È stato un fatto tragico, ma importante, perché grazie alla reazione del fratello, anche in una zona difficile del Vibonese, si è avuta la reazione della società civile, incoraggiata anche dai risultati sulle indagini. Su Maria Chindamo non abbiamo ancora tutta la verità su cosa sia successo e sulle dinamiche esatte dell’omicidio. Ma nel frattempo, Maria è diventata un simbolo delle donne che si sono ribellate, che vogliono vivere la loro libertà. Ha pagato con un prezzo alto, ma tante donne si sono ispirate a lei. Ormai la storia d’amore con il marito era finita, lì in quella zona è diventato un problema. Maria voleva convivere con il nuovo compagno, una cosa normalissima, sfidando le regole di quel territorio. Con la sua scomparsa si è voluto colpire il simbolo dell’emancipazione, ma la lotta della sua famiglia continua”.
La scelta della lupara bianca, però, ha dei significati precisi: “Si vuole impedire alla famiglia di celebrare un cadavere – ha aggiunto Klaus Davi – impedire loro il rispetto e il culto della morte. Quasi sempre i rapimenti avvengono in date simboliche, sotto Natale, ad agosto, nelle date di nascita delle vittime o dei familiari, perché si vuole infierire sul dolore, che deve durare fino alla fine per i parenti, per cancellare il ricordo ed impedire di piangere un cadavere ai familiari. I motivi delle sparizioni di mafia sono i più svariati. Ad esempio, Andrea Mantella, ex killer e pentito chiave in diversi processi, raccontò che dovettero far sparire il cugino, anch’egli killer, perché era omosessuale, cosa non era tollerata, e fu fatto sparire da un giorno all’altro. Il cadavere non si è più trovato, neanche nel luogo indicato da lui. I motivi della lupara bianca possono non essere di puro contenzioso mafioso, ma anche per relazioni non gradite, perché nelle cosche nulla è privato e tutto rientra nelle logiche del clan. Stessa sorte toccò a Maria Rosaria Cacciola, che uscì dal programma di protezione per i figli e sparì”.
Altro caso importante fu quello di Lea Garofalo, uccisa e fatta sparire dalla 'Ndrangheta a Milano: “Dopo la classica fuitina a 17 anni per sposarsi con il marito Carlo Cosco – ha detto Paolo De Chiara, giornalista e scrittore – la 'Ndrangheta ha esportato quel metodo anche al nord Italia. Il corpo di Lea non è stato mai ritrovato, fu massacrata da sei vigliacchi per tre giorni, poi ormai senza vita fu messa in un bidone a testa in giù e bruciata. Per anni gli imputati hanno sostenuto che Lea fosse fuggita in Australia, anche durante il processo. Lea Garofalo era testimone di giustizia, per sette anni aveva raccontato fatti anche del fratello e del padre, ma fu cacciata dal programma di protezione e fu massacrata a Milano. Poteva essere salvata dallo Stato, mandò una lettera a giornali e al Quirinale per chiedere aiuto, ma quel suo scritto fu pubblicato solo dopo la sua morte, perché siamo il Paese del giorno dopo. Poi c’è la storia di Rossella Casini: nel 1981 era a studiare a Firenze, si innamorò di un ragazzo, tornarono insieme a Palmi, dove scoppiò una faida. Lui era figlio di un boss di 'Ndrangheta e fu ferito. Rossella, per amore, lo convinse a passare dall’altra parte, ma pagò con la vita: il suo corpo non fu mai ritrovato, fu fatto a pezzi e gettato nella tonnara di Palmi”.
Francesco Donnici, giornalista di "lavialibera", ha spiegato come sia “difficile dare un numero esatto rispetto ai casi, anche perché inchieste recentissime riportano ulteriori episodi che potrebbero essere iscritti. Questi omicidi seguono un concetto deviato di onore e di possesso, anche delle donne. Loro hanno necessità di cancellare tutte le tracce e anche la memoria, in modo che quest’onta subita venga totalmente estirpata. Ci sono tantissimi esempi di amori fatali, come Santo Panzarella, scomparso dopo il suo avvicinamento agli Anello-Fruci e alla moglie di uno dei boss in carcere, cosa che gli fu fatale”.
Tag24.it e Canale 122-Fatti di Nera, attraverso le rubriche dedicate alle persone scomparse, offrono un servizio di grande valore civico. Questa iniziativa, realizzata in collaborazione con associazioni e famiglie coinvolte, non solo fornisce informazioni aggiornate sui casi di sparizione, ma funge anche da ponte tra le comunità e le istituzioni, facilitando la comunicazione e la ricerca di persone scomparse su tutto il territorio nazionale.