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“Signal for help”: il segnale internazionale per comunicare una violenza

Federica Pascale

Il gesto parla da sé: una mano aperta con il palmo rivolto all’interlocutore e il pollice piegato, a rappresentare la vittima, poi le altre dita si chiudono in un pugno, imprigionando il pollice. Questo è il “segnale per chiedere aiuto” in caso di violenza domestica, tradotto dall’inglese “signal for help”. Nasce infatti in Canada questo nuovo modo di segnalare abusi in modo sicuro. Il gesto viene lanciato dalla Canadian Women’s Foundation nell’aprile 2020, in piena pandemia, e diventa man mano popolare in tutto il mondo. 

L’obiettivo è permettere alle donne vittime di abusi di chiedere aiuto in qualsiasi momento, a chiunque, in modo semplice e soprattutto silenzioso, in modo da non allarmare l’aggressore che si trova inevitabilmente in casa con la vittima. Non appena riconosciuto il segno, è importante chiamare  immediatamente il numero antiviolenza 1522, attivo 24 ore su 24 tutti i giorni dell’anno e gratuito sia da rete fissa che mobile. In alternativa, si potranno sempre chiamare i carabinieri al 112 o la polizia al 113.

  

Un tentativo di limitare il numero di casi di femminicidio e violenze domestiche, in preoccupante aumento da quando è iniziata la pandemia da covid-19 e i conseguenti lockdown che hanno costretto tante donne a rimanere in casa con i propri aguzzini, intrappolate. Abusi domestici, fisici o psicologici, troppo spesso sfociati in omicidi. Nel solo 2021 sono già state uccise 14 donne. Tra le vittime c’è anche Clara Ceccarelli, uccisa il 19 febbraio dall’ex compagno. Certa del suo destino, si era già pagata il funerale per non gravare sulla famiglia e aveva contattato un tutore per prendersi cura del figlio disabile. Molte le realtà italiane che si stanno impegnando per far conoscere il gesto alla propria comunità. Movimenti, associazioni, giornali e politici, tutti uniti dal medesimo scopo: aiutare le donne vittime di abusi.

"Con una foto e un semplice clic possiamo contribuire a combattere la violenza contro le donne, diffondendo attraverso i social media il nuovo segnale internazionale per comunicare una violenza e chiedere aiuto.” Con queste parole l’eurodeputata Isabella Tovaglieri, membro della Commissione FEMM del Parlamento europeo, lancia una sfida social invitando i quattro colleghi Luca Toccalini, Luisa Regimenti, Eva Lorenzoni e Selene Pravettoni, a fare un selfie mimando il #SignalForHelp e a inviarlo a loro volta ad altri quattro contatti per dare vita a una catena di sensibilizzazione.

Tra le associazioni c’è GenGle Onlus che pubblica un video per spiegare sui social come funziona il segnale per chiedere aiuto, video che però viene etichettato come “fuorviante” dall’organizzazione no profit D.i.Re - Donne in Rete contro la violenza, che scrive in un post su Facebook «Attenzione. Non è così semplice come si crede. Il video presuppone che al segnale parta un protocollo di intervento che di fatto non esiste. Esistono i numeri utili da chiamare in caso di emergenza 112 e 1522.”. E continuano “Vi chiediamo di non divulgare il video: sempre meglio un confronto con chi lavora sul tema per sapere che cosa ne pensa. Seppur fatto in buona fede, può diventare pericoloso. Per affrontare la violenza sulle donne ci vuole sempre competenza. Non si può improvvisare».