alta tensione

Terrorismo in Turchia, Erdogan annuncia l'operazione di terra

La Turchia annuncia di voler invadere il territorio di confine con la Siria per contrastare la presenza nell'area dei terroristi del Pkk. L’operazione terrestre dell’esercito turco in Siria comincerà «presto se Dio vuole». Lo ha detto il presidente della Turchia, Recep Tayyip Erdogan. Dopo attacchi aerei «con l’aviazione e i nostri droni» su quelli che Erdogan ha definito «i terroristi», «se Dio vuole li elimineremo presto con i nostri soldati, i nostri cannoni e i nostri carri armati», ha preannunciato il presidente durante un discorso nel nord-est del Paese.

Intanto a pochi giorni dall’inizio dell’operazione "Spada-Artiglio", l’artiglieria pesante e gli aerei da guerra di Ankara continuano a colpire obiettivi e postazioni dei separatisti curdi di Pkk e Ypg nel nord della Siria e dell’Iraq. Gli occhi sono ora puntati sull’esercito, per capire se, al massiccio impiego dell’aeroanutica e droni, seguirà l’ingresso dei carri armati di Ankara. Operazione di terra frenata già nei mesi scorsi solo dal veto di Mosca. La scorsa primavera per settimane il presidente turco aveva minacciato un intervento, il cui obiettivo, ieri come oggi, è portare e termine la costituzione di una zona cuscinetto di 30 km di profondità e 432 di estensione in territorio siriano lungo il confine con la Turchia, che comprenda le aree di Tel Rifat, Kobane e Manbij. Città che per Erdogan è vitale sottrarre ai separatisti curdi del gruppo Pkk/Ypg.

  

Un progetto, quello di Erdogan, partito nel 2019 e mai portato a termine per l’intervento di Russia e Usa che avevano offerto garanzie che, secondo Ankara, "sono state disattese" A far decollare i jet da guerra l’attentato che ha colpito Istanbul, anche se non è assolutamente da escludere, anzi, che l’operazione sarebbe avvenuta ugualmente. L’operazione in atto, che ancora non coinvolge le forze di terra, è scattata non a caso una settimana dopo l’attentato che ha colpito il cuore di Istanbul e attribuito proprio a Ypg. Al momento 50 aerei F16 e 20 droni Tb2 Bayraktar sono impegnati su un territorio di più di 1.000 chilometri di larghezza e profondo massimo 100 km. Una striscia di terra che corre parallela al confine turco con Siria a ovest e Iraq a est, da anni soggetta a operazioni turche su piccola e media scala.

 

 

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Con l’operazione in corso, la posta in gioco e i dubbi riguardano la penetrazione turca nelle province di Tal Rifat, Manbij e Kobane, mentre è da escludere una presenza permanente turca in nord Iraq. Erdogan, atteso da cruciali elezioni nel 2023, non ha mai abbandonato il piano di eliminare le ultime sacche di territorio da cui si ritiene che Ypg organizzi i propri attacchi. Ultimo l’attentato che ha colpito il cuore di Istanbul il 13 novembre scorso. Le aree individuate sono tra i territori a ovest di Tel Abyad e a est di Ras Al Ayn. Sarebbero questi i due ’corridoi del terrorè che mettono a rischio la sicurezza di Ankara, consentendo ai terroristi dei canali di collegamento con Kobane e Manbij a ovest e con Qamishli e l’Iraq a est L’intervento delle forze aeree punta ora a distruggere questi due corridoi di comunicazione. Rimane da vedere se spianerà la strada a un intervento di terra e al conseguente controllo del territorio rispettivamente fino a Kobane e Qamishli. Sul fianco ovest, dove negli ultimi mesi non sono mancati scambi di artiglieria pesante, Ankara mira a un’area di circa 70 km di lunghezza e 30 di profondità, preso il controllo della quale la Turchia avrebbe in mano le due strategiche Kobane e Manbij.

Dalle indagini scaturite dall’attentato è stato reso noto che l’esplosivo e l’esecutrice dell’attacco sarebbero partiti proprio da Manbij. Più tesa la situazione sul fianco orientale del territorio siriano sotto controllo di Ankara, dove negli ultimi mesi non sono mancati scontri tra l’esercito turco e miliziani Ypg. Sul fianco est a Erdogan serve un’avanzata di circa 110 chilometri per arrivare fino a Qamishli, città al confine iracheno oltre il quale Ankara sta sferrando un’altra offensiva aerea e di terra, iniziata il 18 aprile scorso. Altra provincia nel mirino della Turchia è Tal Rifat, enclave rimasta sotto il controllo Ypg e compresa tra le aree di Afrin e Manbij, la prima già sottratta a Ypg nel 2018, la seconda rimasta sotto il controllo dei curdi siriani e che ora Erdogan punta, come detto, a prendere. Per Ankara sono inoltre strategicamente importanti due aree: Tel Abyad e Ayn Isa. Ottenere il pieno controllo di queste province permetterebbe alla Turchia di isolare la popolazione civile curda dall’influenza dello Ypg. Il piano di Ankara mira al controllo di una striscia di terra larga 432 e profonda 30 km all’interno del territorio siriano che funga da area cuscinetto e impedisca attacchi Ypg. Soprattutto dopo il recente attentato di Istanbul sembra davvero difficile che Erdogan rinunci a quello che ritiene un obiettivo fondamentale nel cammino verso le elezioni del 2023.