problemi alla dogana

Scoppia la "guerra delle salsicce". L'accusa dell'Europa: "Boris Johnson non applica la dogana"

Tommaso Carta

A tenere banco al G7 è anche un tema fuori menù: la Brexit. Fuori dall’agenda del vertice ma al centro dei bilaterali fra il «padrone di casa» Johnson e i leader Ue sono emerse infatti le tensioni relative all’Irlanda del Nord per i controlli al confine, disputa ribattezzata «guerra delle salsicce». L’Irlanda del Nord è l’unica parte del Regno Unito che ha un confine terrestre con l’Ue: Bruxelles è adirata per il ritardo del Regno Unito nell’applicare i nuovi controlli su alcuni beni che arrivano in Irlanda del Nord dal resto del Regno Unito, mentre Londra sostiene che i controlli impongano un grande peso alle imprese e rischino di destabilizzare la pace in Irlanda del Nord. «L’accordo del Venerdì santo e la pace sull’isola di Irlanda sono di primaria importanza. Abbiamo negoziato un Protocollo che preserva questo, firmato e ratificato da Regno Unito e Unione europea» ed «entrambe le parti devono applicare ciò su cui ci siamo accordati», hanno tuonato la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen e il presidente del Consiglio europeo Charles Michel dopo l’incontro con Johnson.

 

  

 

La replica non si è fatta attendere: Johnson «ha chiarito il suo desiderio di pragmatismo e di compromesso da tutte le parti», ha fatto sapere Downing Street. L’Ue minaccia azioni legali se il Regno Unito non introdurrà in modo completo i controlli, che includono a partire dal mese prossimo il divieto di ingresso in Irlanda del Nord di alcuni tipi di carne come le salsicce provenienti da Inghilterra, Scozia e Galles. Il Regno Unito invece dal canto suo accusa il blocco di avere un approccio «purista» alle regole e lo invitano a essere più flessibile.

 

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La giornata di politica estera è stata segnata anche dal ritorno del gelo tra Usa e Russia. Le relazioni «sono peggiorate fino ad arrivare al punto più basso degli ultimi anni». A pochi giorni dal summit di Ginevra con Joe Biden, le parole di Vladimir Putin in un’intervista all’americana Nbc News non incoraggiano ad avere grandi aspettative. A Donald Trump il leader del Cremlino riserva elogi, definendolo un «individuo straordinario» e «di talento». Quanto a Biden, Putin dice che «è radicalmente diverso da Trump» perché è «un uomo di carriera», assicura di potere lavorare con lui ed esprime la speranza che «non ci saranno manovre basate sull’impulso», come invece avveniva con il tycoon. Il faccia a faccia Biden-Putin avverrà il 16 giugno a Ginevra e per il presidente Usa sarà l’ultima tappa del suo tour europeo di otto giorni. La Casa Bianca ha fatto sapere che non ci sarà nessuna conferenza stampa congiunta: Biden al termine dell’incontro parlerà con i media da solo. Per l’amministrazione Usa, il formato più appropriato per comunicare i temi discussi, le aree di accordo e le fonti di significativa preoccupazione. I motivi possono essere diversi: sicuramente in questo modo si elimina la possibilità di paragoni con la disponibilità che Donald Trump aveva mostrato nella conferenza stampa finale dopo il suo incontro con Putin a Helsinki nel 2018, durante il quale il tycoon si era di fatto schierato con Mosca piuttosto che con le sue agenzie di intelligence. Alcuni evidenziano poi che con una conferenza stampa da solo gli Usa evitano di elevare ulteriormente Putin facendolo apparire insieme a Biden. Mentre altri hanno evidenziato che Putin avrebbe potuto mettere all’angolo Biden, 78 anni, che sarà nelle ultime ore del suo estenuante viaggio di otto giorni in Europa. Quanto alle modalità del meeting, la Casa Bianca fa sapere che sta ancora lavorando.