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Il virus sgonfia Trump e Johnson

Donald Trump e Boris Johnson sono stati i due leader mondiali più sordi al rischio pandemia

Maurizio Gallo
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Hanno minimizzato, hanno fatto ironia e non hanno adottato i provvedimenti necessari. Adesso fanno precipitosamente retromarcia, ma ormai il virus è arrivato anche da loro e a pagarne le conseguenze saranno i cittadini. I leader mondiali più sordi al rischio di pandemia che hanno manifestato prima indifferenza e lassimo, poi hanno avuto un atteggiamento tronfio e sfoderato un ottimismo fuoriluogo e del tutto a-scientifico e, adesso, parlano di provvedimenti drastici sono il presidente Usa, il premier britannico e il presidente francese, quest'ultimo un po' più cauto degli altri. «Nothing will change», niente cambierà, è stato l'atteggiamento iniziale del biondo e spettinato Boris Johnson, che ha invitato gli inglesi ad abituarsi all'idea di perdere i propri cari e si è rifiutato di prendere qualsiasi misura di contenimento del virus, mentre l'Italia restringeva progressivamente la libertà di movimento, chiudeva scuole e negozi. L'inquilino di Downing Street aveva mostrato ottimismo sulla «vittoria» dell'Isola contro il Covid-19. Adesso, dopo giorni di polemiche sulla sua gestione dell'emergenza, parla della necessità di «azioni drastiche», chiede ai settantenni di restare a casa e agli altri suoi concittadini di «smettere i contatti non essenziali con le altre persone, evitare bar, locali, teatri e luoghi pubblici». Un dietrofront non del tutto convinto, visto che non ha ancora ordinato la chiusura di esercizi commerciali e uffici pubblici. In questo Donald Trump è stato più coerente, il che non significa che sia un bene per gli americani. Il presidente Usa, infatti, ha rilasciato dichiarazioni «negazioniste» sul coronavirus. Ha fatto il paragone fra le vittime della normale influenza nel 2019 in America, che sono state 37 mila, e i contagiati da coronavirus, cioè «solo» 546 con 22 morti. Quando arriva l'influenza, ha aggiunto, «nulla viene chiuso, la vita e l'economia vanno avanti». Non solo. Si è detto certo che gli Stati Uniti potrebbero sconfiggere l'infezione fra pochio mesi, debellandola a luglio o ad agosto. Ha aggiunto che potrebbe chiedere l'isolamento di alcune aree e, però, si è rifiutato di prendere in considerazione l'eventualità di un blocco di tutto il Paese. Dichiarazioni che non hanno rassicurato Wall Street. Anzi, al contrario. Il timore di una recessione ha fatto crollare la borsa, con il Dow Jones che a fine seduta ha ceduto il 9,99% e il Nasdaq il 9,43%. Infine, Macron. Forse il più prudente, ha consentito tuttavia per giorni e giorni assembramenti, contatti, sport all'aperto. Ma ieri si è «ravveduto» velocemente e ha adottato il «modello italiano», annunciando a partire da oggi limitazioni degli spostamenti con l'isolamento per 15 giorni, il blocco di tutte le riforme, il rinvio delle consultazioni amministrative,la chiusura delle frontiere Ue e persino l'abolizione «d'ufficio» delle strette di mano. E ha affermato «siamo in guerra». Benvenuto Monsieur le president!

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