sangue in piazza

In Iran oltre 20 morti e 450 arresti. Tra le vittime un bimbo di 11 anni

Carlo Antini

È salito a più di 20 morti, tra cui un bambino di 11 anni, il bilancio delle violente proteste antigovernative in Iran, mentre, nel suo primo commento a 6 giorni dall’inizio dei disordini, anche la guida suprema della Repubblica islamica, ayatollah Ali Khamenei, ha accusato i "nemici" dell’Iran di fomentare le violenze. Il presidente moderato Hassan Rohani, esortando a riconoscere il diritto del popolo "a dissentire pacificamente", allo stesso tempo ha puntato il dito contro Usa e Israele. La tv di Stato ha dato notizia di nove persone uccise nella notte: 6 in un attacco ad un commissariato nella città di Qahdarijan, durante il quale i manifestanti avevano cercato di rubare armi; un bambino di 11 anni e un ventenne a Khomeinishahr, mentre un membro dei Guardiani della rivoluzione è morto a Najafabad, freddato da colpi di un fucile da caccia secondo le autorità locali esplose da un "cecchino". Le tre città si trovano nella provincia centrale di Isfahan, poco meno di 400 chilometri a sud di Teheran. Il governatorato di Teheran ha confermato che negli ultimi tre giorni, solo nella capitale, sono stati arrestati 450 manifestanti: 200 persone sabato, 150 domenica e 100 lunedì. Nel 2009, quando la cosiddetta "onda verde" protestò contro la riconferma a presidente di Mahmoud Ahmadinejad, vennero uccise 36 persone dai miliziani Basiji (che giravano in borghese) e da elementi dei Pasdaran (i guardi della Rivoluzione che ancora oggi rispondono solo alla guida suprema l’ayatollah Ali Kahamenei. Secondo le opposizioni le vittime furono 72. Secondo fonti ufficiali americane citate dal Wall Street Journal, gli Usa sono pronte a imporre nuove sanzioni all’Iran, se Teheran deciderà di reprimere con la forza le proteste governative degli ultimi giorni, colpendo proprio i Guardiani della rivoluzione per garantire danni economici limitati al popolo iraniano. L’amministrazione Trump sta cercando di convincere diversi Paesi a sostenere il diritto degli iraniani a protestare. Oggi il presidente è tornato a twittare elogiando il popolo iraniano, che "sta finalmente agendo contro il regime brutale e corrotto. Tutto il denaro che il presidente Obama follemente gli ha dato è finito in terrorismo e nelle loro tasche. La gente ha poco cibo, c’è grande inflazione e non ci sono diritti umani. Gli Stati Uniti guardano!", ha scritto il presidente Usa. Secca la replica da Teheran: un portavoce del ministero degli Esteri ha invitato Trump, "invece della perdita di tempo in tweet inutili e offensivi rivolti agli altri popoli e alle altre nazioni", a "occuparsi delle questioni interne del suo Paese come le vittime delle quotidiane sparatorie o dell’esistenza di milioni di poveri e senzatetto. Parli bene e si comporti bene, seguendo quello che era il motto degli antichi persiani: pensare bene, parlare bene, agire bene", ha aggiunto il portavoce, citando i tre sacri dogmi della religione zoroastriana, diffusa in Persia prima dell’arrivo dell’Islam nel settimo secolo dopo Cristo. Il vice ministro iraniano dell’Interno, con delega alla sicurezza e all’applicazione della legge, Hossein Zollfaghari ha assicurato che i disordini "finiranno presto" e che la calma è già tornata nella maggior parte delle città dell’ Iran. Zollfaghari ha aggiunto che la politica del Consiglio di sicurezza del ministero dell’Interno è quella di tenere sotto controllo la situazione, sottolineando che "la polizia e le altre forze di sicurezza hanno finora dimostrato la più ampia tolleranza possibile nel trattare con i manifestanti". L’Alto rappresentante Ue Federica Mogherini ha lanciato un appello al "rispetto del diritto a manifestare pacificamente", mentre il governo britannico ha esortato al "dialogo" tra governo e manifestanti. "Preoccupazione" è stata espressa dalla Turchia, che ha auspicato che «prevalga il buonsenso». Ankara ha anche ammonito contro le «interferenze esterne», come ha già fatto la Russia.