AUTOSCATTI LETALI

Killfie, il selfie che uccide

Maurizio Gallo

Ormai hanno anche un nome, un neologismo che è una crasi tra kill e selfie. Li chiamano «killfie», i selfie che uccidono. Il fenomeno è, purtroppo, in crescita in tutto il mondo e in cima alla macabra classifica di decessi c’è l’India. Proprio nel Paese di Ghandi è avvenuto l’ultimo episodio della «serie»: tre studenti universitari hanno perso la vita dopo essere stati investiti da un treno a Bidadi, nello Stato meridionale di Karnataka. Si stavano facendo una foto sui binari. Un mese prima un diciassettenne era affogato in uno stagno mentre i suoi amici riprendevano la scena in posa davanti al giovane che si inabbissava nelle acque melmose. Un modo di sfidare la sorte che ha provocato decine di vittime negli ultimi anni, da quando «immortalarsi» con lo smartphone in una situazione di pericolo è diventata una moda «virale», come si direbbe oggi. L’India, dicevamo, detiene il triste primato. Ma non è sola. Tra il marzo 2014 e il settembre 2016 la nuova mania ha provocato la morte di 76 indiani, nove pakistani, otto americani, sei russi, quattro filippini, altrettanti cinesi, tre spagnoli, due portoghesi e due turchi e tredici persone di altri Paesi. Essere travolti da un treno in corsa non è l’unico modo di morire per un autoscatto. Il secondo «metodo» per rischiare la vita e a volte perderla è farlo dall’alto di un edificio, con la possibilità di precipitare e, come minimo, provocarsi gravi fratture. Forse questa è la causa più frequente di decessi «narcisistici». Ma la fantasia dei selfisti è senza limiti: si va dalla foto con bestie feroci che, spesso e volentieri, aggrediscono il soggetto del selfie, a quelle con un arma puntata alla tempia, che può succedere esploda un colpo all’improvviso,  o all’«abitudine» malsana ma molto diffusa di fotografarsi mentre si è alla guida dell'auto, in questo caso rischiando di provocare incidenti che coinvolgono anche altre persone. In ogni modo il risultato è tragico, e il selfie diventa killfie, l’ultimo autoscatto della nostra vita.