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Ecco le armi «made in Italy» per i curdi

Il nostro Paese è pronto a fornire materiale bellico all'esercito autonomo. Nessun mezzo blindato sarà inviato su quel fronte: i Lince restano in Italia

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Armi dall'Italia per i peshmerga curdi. Non bastano infatti i raid aerei americani per avere ragione delle truppe del Califfato. I miliziani di Abu Bakr al Baghdadi che sventolano la bandiera nera possono contare su un arsenale moderno e cospicuo, frutto delle razzie nelle caserme dell'esercito iracheno in rotta e dalle basi in Siria dell'esercito di Assad. Appena una settimana fa, infatti, l'Is ha preso la caserma della Brigata 93 a Raqqa nel nord della Siria entrando in possesso di numerosi tank. Così diventa necessario rifornire di armi l'esercito del Kurdistan unico baluardo all'avanzata del Califfato. L'Italia è pronta a rifornire i curdi di materiale bellico. Principalmente, soprattutto per tacitare i sempre vivi pacifisti a senso unico, ai peshmerga sarà inviato equipaggiamento tattico: elmetti, giubbotti antischeggia, mimetiche e anfibi. Nelle casse ci saranno puntatori laser, sistemi radio e dispositivi per rilevare ordigni. Ma non sarà il made in Italy delle uniformi che permetterà ai curdi di fermare gli agguerriti jihadisti del Califfato. E così il ponte aereo scaricherà a Sulymanya armi e munizioni. Nessun mezzo blindato: i Lince resteranno in Italia mentre saranno spedite casse di materiale bellico sequestrate a metà degli anni Novanta a un nave russa diretta nell'ex Jugoslavia ai tempi delle guerre balcaniche. Sono armi un po' datate dal punto di vista tecnologico, però efficaci e si adattano all'armamento già in uso alle truppe del Kurdistan autonomo. Si tratta di oltre trentamila kalashnikov, 400mila missili Fagot anticarro, in codice Nato AT4 Spigot, con una gittata che arriva fino a due chilometri, cinquemila razzi Katiuscia con relative rampe, undicimila razzi Rpg anticarro, e oltre 32 milioni di munizioni che vanno bene per le armi già in dotazione ai peshmerga. Un quantitativo sufficiente per una brigata. Ma non è finita qui. L'Italia potrebbe rifornire i curdi anche della mitragliatrice Beretta Mg42/59, un'arma pesante ormai desueta dall'Esercito italiano ma ancora in uso sulle motovedette dei carabinieri. È una mitragliatrice di grande potenza di fuoco ma estremamente pesante per essere usata dalle truppe: tuttavia potrebbe essere utile montarla sui mezzi blindati che la Germania si è offerta di fornire ai curdi, ma senza armamenti. Di queste Mg, versione ammodernata della mitragliatrice tedesca della Seconda Guerra Mondiale, i nostri magazzini sono ancora pieni visto che ormai l'Esercito usa la più moderna e maneggevole Minimi. Armi leggere tutto sommato così come si è espresso il viceministro degli Esteri Lapo Pistelli in un'intervista, per garantire ai curdi il diritto «all'autodifesa ed evitare una nuova Srebrenica». A dare il maggior contributo sarà comunque Washington che ha già cominciato a rifornire i curdi di sistemi anticarro, droni armati di missili Hellfire. La Francia ha dato disponibilità a inviare armi «sofisticate» senza dare ulteriori dettagli. La Gran Bretagna ha già predisposto l'invio di Javelin anticarro. L'invio di armi ai peshmerga apre però al rischio di una crisi diplomatica con la Turchia. Infatti, il rafforzamento militare dei curdi iracheni potrebbe favorire anche la sponda turca del PKK che, nonostante il negoziato avviato da Ankara, resta una formazione fuorilegge in Turchia. Non solo. Ma fino a un mese fa era proprio il governo di Baghdad a mettere l'embargo sul rifornimento di armi ai peshmerga. La situazione sul terreno è cambiata e solo dando sostegno ai soldati del Kurdistan si può sperare di fermare il dilagare dei miliziani del Califfato.

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