Intesa più vicina sul nucleare iraniano. I dubbi di Israele

I negoziati sul programma nucleare dell’Iran registra qualche progresso ma per Israele l’accordo con i «5+1» sempre più vicino è in realtà «un errore storico». Tel Aviv si mette di traverso sulle trattative iniziate in un clima di cauto ottimismo a Ginevra. I rappresentanti diplomatici di Teheran si sono confrontati per tutto il giorno con gli esponenti dei cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza Onu (Cina, Francia, Usa, Regno Unito e Russia) più la Germania. La «due giorni» di colloqui è il secondo appuntamento dall'arrivo al potere del nuovo presidente iraniano, Hassan Rohani, lo scorso agosto, e la ridefinizione del team di negoziatori di Teheran. Le aspettative sono elevate da entrambe le parti. Il ministro degli Esteri iraniano, Mohammad Javad Zarif, ha mostrato ottimismo, dicendosi fiducioso che si possa raggiungere un accordo per superare il decennale stallo. «Se ognuno farà del suo meglio, possiamo trovare un accordo» ha detto dopo una colazione di lavoro con il capo della politica estera dell'Ue, Catherine Ashton; e, al termine della prima giornata di incontri, ha sottolineato come «possibile» un'intesa entro domani. Anche l'Ue ha sottolineato che i negoziati sono entrati «in una fase seria» ha detto la Ashton, a cui è affidato il compito di guidare l'equipe occidentale. «Stiamo realizzando progressi» ha spiegato in serata. Il negoziato «è difficile» ha ammesso Zarif, ma «la cornice» proposta da Teheran nella prima tornata del negoziato «è stata accettata dalla controparte» ha spiegato il capo della delegazione della Repubblica islamica, il vice ministro degli Esteri Abbas Araqchi. Ma rimangono le preoccupazioni degli israeliani. Un alleggerimento delle sanzioni all'Iran in cambio del congelamento del suo programma nucleare sarebbe «un errore di proporzioni storiche» ha detto Benjamin Netanyahu. La proposta del 5+1 all'Iran, secondo fonti israeliane, è «l'interruzione dell'arricchimento dell'uranio al 20% e il rallentamento dell'attività al reattore ad acqua pesante di Arak in cambio dell'allentamento delle sanzioni». Ma si tratta di proposte, ha sottolineato il premier israeliano, «che permetterebbero all'Iran di conservare le proprie armi nucleari». La posizione israeliana non può non avere ricadute su quella dell'amministrazione Obama, pur incoraggiata dal cambio di atteggiamento di Teheran, passato con Rohani dalla retorica incendiaria degli anni passati a posizioni più concilianti. I Paesi negoziatori sono pronti a valutare «limitati, mirati e (sempre) reversibili» alleggerimenti delle sanzioni se Teheran dimostrerà progressi verificabili sul proprio programma nucleare, ha fatto sapere la Casa Bianca. Ovvero, se l'Iran non sarà in grado di dimostrare effettivi progressi il corso delle «limitate» riduzioni delle sanzioni potrà essere invertito e nuove misure più dure potranno essere adottate. Parole, appunto, rivolte a garantire l'alleato israeliano che diffida totalmente delle aperture di Rohani, la cui portata innovativa è costantemente neutralizzata in parte dallo scetticismo manifestato dalla Guida Suprema, Ali Khamenei.