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Mutui variabili, rate alle stelle per colpa della Bce: i numeri del disastro

Gianluca Zapponini

La stretta monetaria operata dalla Bce ha avuto un pesante impatto sulle rate dei mutui a tasso variabile per le famiglie in Italia. Non è certo una novità, ma quando ci sono di mezzo i numeri, allora il brivido lungo la schiena è assicurato. Dall’avvio degli incrementi sui tassi l'aumento della rata mediana mensile dei mutui a tasso variabile si è collocato fra 245 euro nel Mezzogiorno e 276 al Centro, ha calcolato Bankitalia. Qualcuno dovrebbe dire grazie alla Bce che ha portato il costo del denaro al 4,50% in poco più di un anno. I mutui "rappresentano la passività più rilevante nei bilanci delle famiglie italiane”, ha sentenziato Via Nazionale, osservando come la quota oscilli tra il 37,3% del reddito disponibile al Centro e il 25,4 nel Mezzogiorno (dati 2021). E secondo Palazzo Koch alla fine di giugno del 2023 la quota di famiglie con mutui era compresa fra il 10% nel Mezzogiorno e il 17% nel Nord Ovest. Non è tutto.

 

  

 

La rata mediana del Nord Est era prossima a quella del Centro (circa 600 euro) e maggiore di oltre 50 euro a quella del Sud e delle Isole. Fino all’inizio del 2022 l’indebitamento per l’acquisto di abitazioni è stato sostenuto dal basso costo dei finanziamenti. Il differenziale contenuto tra tassi fissi e variabili ha accentuato la preferenza delle famiglie per i primi. Ciò ha contribuito a limitare l’esposizione dei nuclei al rischio di tasso. La quota di mutui in essere a tasso variabile, che aveva raggiunto il valore massimo nel 2014 (74,3%), era scesa al 36,1% alla fine di giugno del 2023. Fin qui il discorso tassi e mutui.

 

 

Poi c’è la crescita. Che risulta in rallentamento in tutte le Regioni italiane nella prima metà di quest’anno, con investimenti delle imprese in calo, contrazione dei crediti bancari a fronte di una tenuta del mercato del lavoro. L’indicatore trimestrale dell’economia regionale (Iter), elaborato dalla stessa Bankitalia riporta che nella prima metà del 2023 «la dinamica del Pil si è progressivamente affievolita in tutte le ripartizioni risentendo del rallentamento della domanda interna ed estera».