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Rete unica vicina, la Borsa apprezza. Accordi con Cdp e Open Fiber, il titolo Tim vola

Andrea Giacobino

La Borsa ha festeggiato ieri il primo passo concreto sulla rete unica che permetterà all'Italia il salto tecnologico sulla strada della digitalizzazione. Il titolo Tim ha infatti chiuso in rialzo del 3,1% a 0,289 euro dopo che domenica sera i consigli d'amministrazione di Tim, Cdp e Open Fiber hanno firmato un «Memorandum of Understanding» (MoU) dandosi cinque mesi di tempo fino al prossimo 31 ottobre per arrivare a un accordo vincolante sulla rete unica. È il primo passo su una strada ancora lunga, ma che nelle premesse è una vera rivoluzione. Sulla carta ogni opzione è valida: l'ipotesi della cessione sembra essere la preferita da Tim, la cui rete, dalla dorsale fino all'ultimo miglio e con questa anche la parte internazionale con Sparkle, verrebbe venduta a Open Fiber, in cambio del trasferimento di una buona parte del debito o addirittura con un pagamento tutto cash (si parla di una valorizzazione di 18 miliardi di euro), cose che saranno ora al centro delle discussioni.

Il primo riflesso si avrà nel progetto di scissione della rete (con una NetCo e una ServiceCo, società dei servizi) che l'ad di Tim Pietro Labriola presenterà al Market Day del 7 luglio e che ieri ha definito il MoU «il primo passo di un piano coraggioso per Tim». L'operazione permetterà all'ex monopolista pubblico delle tlc di concentrarsi sull'attività di servizi, perché le rimarrebbe tutto il business mobile, con le frequenze 5G e il cloud. Il precedente memorandum, siglato da Tim e Cdp nell'agosto 2020 e poi rimasto lettera morta, accordava sette mesi di tempo per arrivare, a valle dei processi di due diligence sugli asset, a un accordo sulla fusione, a cui sarebbe poi seguita una fase esecutiva e autorizzativa dai tempi incerti.

  

A rendere oggi la strada meno complicata di allora c'è la disponibilità di Tim a rinunciare al controllo della futura rete unica, che anzi l'ex monopolista sembra intenzionato a scorporare e monetizzare, quantomeno in parte, per ridurre il suo debito e riconquistare l'investment grade.

Gli analisti di Intermonte assegnano all'infrastruttura un enterprise value (capitalizzazione più debito) di 25 miliardi di euro, di cui 16,7 riferibili ad asset di Tim e 8,6 a Open Fiber, con possibili sinergie secondo indiscrezioni - di 4-5 miliardi. E intanto in servizi di Open Fiber hanno già coperto oltre 14 milioni di unità immobiliari dei 24 milioni previsti dal piano industriale.