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C'è il Covid e l'Enav taglia gli stipendi

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I piani della società per affrontare il calo del traffico

Filippo Caleri
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Chi ha potuto sbirciare il piano industriale 2021-2024 dell’Enav, l’Ente che vigila sulle rotte dei cieli (ancora non svelato e dunque ancora confidenziale) è andato immediatamente in fibrillazione. Per contrastare il calo dei ricavi, legato alla contrazione del traffico per il coronavirus, a pagare pegno saranno chiamati in causa anche i lavoratori. Ora in particolare con una serie di interventi di contenimento dei costi del personale già avviati o in arrivo come la riduzione degli straordinari, la revisione del sistema di incentivazione e la riduzione delle trasferte. Per ora voci variabili dello stipendio che fanno presagire però altri interventi pesanti sui dipendenti. Anche perché, secondo quanto trapela dalle stanze del Ministero dell’Economia dove è in visione il piano, le prospettive del mercato dei diritti di traffico sulle rotte che alimentano i ricavi dell’ente guidato dall’ad Paolo Simioni (che ha già amministrato la romana Atac alle prese con il concordato preventivo) sono catastrofiche. 
L’andamento del traffico è, infatti, stimato in peggioramento rispetto alle ultime previsioni elaborate ad aprile di quest’anno. Allora si stimava che, a febbraio del 2021, il passaggio sulle rotte italiane tornasse all’85% di quello dello stesso mese del 2019. Le nuove analisi sono però più nere perché vedono un andamento commerciale più basso. Nel secondo mese del prossimo anno solo il 50% dei movimenti registrati un anno fa sarebbe recuperato. 
Insomma la volatilità, termine che ben si adatta al settore, è talmente elevata che ogni previsione è fortemente aleatoria. Così, sempre secondo i rumors, nelle indicazioni di mercato fatte da Enav il ritorno alla normalità dell’era pre-Covid si avrebbe solo nel 2026, ma solo se il vaccino fosse disponibile nel 2022. 
La parte che ha messo in agitazione lavoratori sarebbe quella della menzione delle azioni di razionalizzazione avviate dalle società omologhe nel mondo. Come ad esempio alla canadese Nav che ha rinviato sine die gli aumenti salariali già stabiliti con i sindacati. E ancora più timori arrivano per le azioni della vicina Svizzera dove la Skyguide ha congelato gli stipendi temporaneamente e aumentato l’età per andare in pensione. 
Il combinato disposto delle pratiche seguite a livello internazionale e delle problematiche finanziarie che si creeranno nel bilancio hanno fatto drizzare le orecchie ai dipendenti. Che ora temono strategie di razionalizzazione che, sulla base dei cali economici causati dalla pandemia, mettano in moto le forbici. Un segnale ci sarebbe già: la richiesta di consentire alla società di ottenere risparmi di spesa nell’attuazione dei programmi con l’esecuzione delle attività di formazione dei dipendenti senza usare fondi per il lavoro straordinario. 
A preoccupare anche qualche dirigente del Mef che ha sfogliato il piano l’uso reiterato del termine razionalizzazione nelle varie slide che lo illustrano. Le linee di sviluppo fino al 2024 passerebbero infatti dalla razionalizzazione organizzativa a quella delle sedi del gruppo e al riassetto del gruppo. Non è chiaro come saranno declinate queste azioni. Ma in genere ai lavoratori non portano mai buone notizie.
 

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