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Il virus giallo ci manda al verde

Franco Bechis
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Amazon, Lg e altri colossi della tecnologia hanno deciso di disertare per i timori del coronavirus il Mobile world congress che si tiene non a Wuhan o a Pechino, ma nella europeissima Barcellona. Apple ha rinviato a data da destinarsi il lancio del suo nuovo Iphone e altri prodotti. Sempre più compagnie aeree stanno tagliando le comunicazioni con la Cina rendendo sempre più difficili anche le vie del business. Se solo una decina di giorni fa il Fondo monetario diceva che era troppo presto per calcolare gli effetti economici del virus cinese, negli ultimi due giorni sui media Usa e Uk hanno fatto la loro comparsa i primi studi sulle conseguenze economiche del contagio cinese. Senza arrivare al report World Bank che ipotizza una caduta di 5 punti del pil mondiale se il coronavirus dovesse diventare pandemia (ora non è così), qualche dossier inizia a fare paralleli con la Sars del 2003. Allora il costo del virus fu di circa 50 miliardi di dollari per le economie mondiali. Ma la Cina pesava sull'economia mondiale per il 4-5%. Oggi vale il 17%, e l'impatto negativo viene ipotizzato da uno studio pubblicato dalla londinese Odi di 360 miliardi di dollari nel 2020. E' uno scenario da brivido, ma potrebbe essere ancora assai prudente perché il contagio non si sta spegnendo, la Cina ne è paralizzata e la gestione della crisi in grave ritardo e senza trasparenza sta compromettendo la fiducia che è alla base di ogni business possibile. Per approfondire leggi anche: Coronavirus, caso sospetto a Salerno Nelle simulazioni per definire l'indice di vulnerabilità alla crisi cinese l'Italia non è ai primissimi posti. Lo è tutta l'area geografica limitrofa, in testa Vietnam, Cambogia e Laos, poi Myanmar, Thailandia e Filippine. L'effetto è grave in parte del continente africano più legata alla Cina (Etiopia e buona parte dell'Africa sub-sahariana), ma non ne è immune l'Europa. Il contagio alle economie dunque è avvenuto ed è più forte di quel che è accaduto agli uomini, ma non per questo meno temibile: il virus nei sistemi economici si propaga molto più velocemente. L'Italia di Giuseppe Conte sulla Cina è stata il paese più schizofrenico di Europa. Il primo fra i grandi ad aprire la via della Seta anche a costo di tensioni con gli Stati Uniti e rapporti più tesi anche con Francia e Germania. Ma il primo e anche fino a questo momento il solo ad avere chiuso ai voli da e per la Cina per timore della malattia. Circolano battute su queste stranezze del governo italiano (tipo «Conte ha bloccato i voli e non le navi con la Cina perché gli hanno spiegato che il virus si propaga solo per via aerea») e ci sono non poche contraddizioni anche in questo all'interno della armata Brancaleone che sorregge il governo. Come spiegano gli scienziati però del virus si conosce poco o nulla e il solo modio di arginare il contagio anche qui da noi è la quarantena con isolamento di chiunque sia stato in Cina, fregandosene di eventuali polemiche su discriminazioni e razzismo che qui c'entrano davvero nulla. E' il solo modo che abbiamo di proteggere gli uomini, ma non serve a proteggere la nostra economia sensibile molto più di 17 anni fa a quella cinese e alle altre economie a loro volta sensibili a Pechino. E' il caso davvero di infilarsi più che una tuta e una mascherina antivirus un elmetto in testa contro le possibili frane. Evitando di buttare via soldi pubblici come avviene da troppi anni per grattare la pancia a un elettorato che tanto non si conquista in quel modo. Se il governo dovesse stare in piedi, esca da quelle logiche e inizi a lavorare seriamente per una rete di protezione dal vero contagio in agguato sulle imprese e sulla principale industria italiana, quella del turismo.

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