l'allarme

C'è una bomba sui conti italiani: "Il debito CdP diventi pubblico"

Filippo Caleri

Riportare il debito delle Casse depositi e prestiti europee, anche quella italiana dunque, nel perimetro dell’indebitamento del bilancio statale. È l’ipotesi che Eurostat, l’istituto di statistica europeo, sta per mettere in pista per armonizzare i bilanci degli stati comunitari. Per ora solo un’intenzione che circola nei corridoi di Bruxelles. Ma che avrebbe anche un scopo non secondario: lanciare un segnale di allarme al governo gialloverde, e in particolare al vicepremier Luigi Di Maio, che non ha mai nascosto l’idea di usare la Cassa Depositi come lo strumento per ripubblicizzare l’economia. E cioè di usare le ricche risorse del risparmio postale per sistemare le aziende in crisi come Alitalia. Una minaccia, insomma, una leva per scoraggiare nuove avventure dello Stato padrone. Ma che potrebbe avere, se attuata, un effetto devastante sui conti italiani e potrebbe innescare un autentico tsunami finanziario. La tesi di fondo è quella di applicare un sistema di rappresentazione della contabilità statale che tenga conto non solo del debito emesso dal Tesoro, ma anche quello da società ed enti che allo Stato fanno riferimento, come la Cassa Depositi appunto. Il ragionamento degli statistici è quello di creare per gli Stati nazionali, al pari delle holding delle multinazionali, un conto economico e patrimoniale consolidato che tenga conto delle posizioni debitorie di tutte le controllate e non solo della capogruppo. C’è solo un problema. Applicare questo principio contabile al bilancio italiano, e cioè all’attuale debito si aggiungesse anche quello oggi fuori perimetro, sarebbe come piazzare una bomba nell’economia italiana, con la prospettiva di un nuovo attacco speculativo: far salire con un tratto di penna il debito di qualche centinaio di miliardi non renderebbe allettante la sottoscrizione di titoli di Stato da parte dei grandi investitori internazionali. Un pericolo troppo elevato. Anche per questo a sconsigliare un intervento del genere sarebbe stata la Germania. Per due motivi. I l primo è che anche la Cassa depositi e prestiti tedesca, la Kwf, entrerebbe nell’occhio del ciclone. E in un momento nel quale l’economia tedesca registra un considerevole rallentamento e le banche e aziende mostrano segnali di sofferenza tarpare le ali alla propria cassa, che potrebbe rappresentare un ciambella di salvataggio, non conviene. La moral suasion di Berlino su Eurostat sarebbe motivata anche dalla volontà di non far passare oggi il messaggio che organi della Commissione, come appunto Eurostat, siano utilizzati come strumenti di lotta politica in vista delle Europee. Si darebbero ulteriori scuse ai sovranisti che potrebbero trovarvi un altro tema di attacco contro le istituzioni comunitarie. Per Berlino dunque è meglio che a fiaccare la rivoluzione sovranista siano i mercati, terzi e indipendenti, piuttosto che organi europei. Insomma la rivoluzione dei bilanci degli Stati Ue può ancora attendere. I costi che pagherebbe il sistema potrebbero essere troppo elevati per tutti.  Chiaro è dunque che il controllo di Eurostat sarà limitato a mettere sotto osservazione le operazioni delle società non appartenenti alla Pubblica amministrazione ma effettuate per conto dello Stato. Proprio il caso del potenziale intervento della Cdp nel dossier del salvataggio di Alitalia. Anche se Eurostat almeno in questo caso ha un alleato. La stessa Cdp che «non vuole fare investimenti sbagliati e se qualcuno vuole qui leggere un riferimento alla compagnia aerea di bandiera faccia pure» ha detto ieri il presidente Massimo Tononi che ha ricordato che Cdp ha una doppia responsabilità: «Da un lato remunerare il capitale e dall’altro un utilizzo appropriato del capitale». Dunque di entrare in Alitalia non se ne parla proprio.