Giovanni Consorte: "L’Etruria ha ingannato pure me"

«Anche io sono stato ingannato. Una delle società del gruppo di Intermedia Holding, che presiedo, detiene diversi milioni di euro di obbligazioni subordinate della Banca Etruria. Le ha acquisite un vecchio dirigente prima del mio arrivo, ma non mi hanno mai convinto soprattutto perché da oltre un anno non pagavano più la cedola garantita. Mi sono attivato per capire cosa stesse succedendo e ho parlato con un alto dirigente che mi ha assicurato che, appena finito il commissariamento, la banca sarebbe tornata a pagare le cedole. Che errore». A raccontarlo a Il Tempo è Giovanni Consorte ex ad della Unipol, passato alla storia per la tentata scalata della Banca Nazionale del Lavoro. Quella della famosa telefonata con l’allora segretario del Pd, Piero Fassino, che gli disse: «Allora abbiamo una banca».     Insomma con un termine forte ma diretto hanno «fregato» anche lei? «Diciamo che ho chiesto spiegazioni e mi hanno rassicurato male».     È cascato nella trappola? «Di finanza ne capisco abbastanza e anche di numeri essendo ingegnere. Appena la banca ha comunicato che le cedole erano sospese mi sono immediatamente messo in allarme. Ma il dirigente alla mie richieste di chiarimento mi ha risposto:"Giovanni, stai tranquillo, appena finisce il commissariamento la Banca tornerà a distribuire le cedole". Con le rassicurazioni hanno tentato di tranquilizzarmi. Ho atteso troppo e ho fatto male. Ora però qualcuno pagherà».     Causa in rampa di lancio? «Ho le prove di quanto affermo. Banca Etruria minimizzava quanto stava accadendo. Ma probabilmente sapeva che il baratro era vicino».     Sarà comunque difficile recuperare quanto ha perso. O no? «I miei legali sono già al lavoro. Mi rivolgerò al Tribunale».     Cosa pensa del dl Salva Banche? «Ci sono tanti fattori in campo. Il primo è che in questo Paese si deve abbandonare una volta per tutte il principio della retroattività delle leggi. Il legislatore sta intervenendo su prodotti finanziari la cui emissione fu autorizzata, e acquistati dalla società, 7-8 anni fa, e oggi azzerate con regole imposte dalla Ue. Per regolare la crisi della banca c’era allora il Fondo di tutela dei depositi, e doveva essere applicato anche oggi».     Solo questo? «No. Si continua nella confusione perché in questa liquidazione le azioni sono messe sullo stesso piano giuridico delle obbligazioni. Non solo. Anche all’interno degli stessi bond strutturati, il cui valore è stato azzerato, sono state fatte distinzioni. Alcune sono state toccate, altre tipologie no. Non capisco quale sia stato il discrimine e come sia stato stabilito. Infine questa storia non tiene conto delle conseguenze e dell’impatto sull’economia italiana».     Sono 700 milioni di euro non centinaia di miliardi? «Le spiego. Si parla del ristoro, giusto, ai pensionati che sono stati truffati. Ma nessuno parla delle aziende e delle altre banche che le hanno nei loro portafogli. Questi valori sono nell’attivo del bilancio e alla fine dell’anno dovranno essere svalutati. In parole povere significa depotenziare la struttura finanziaria di molte aziende italiane. Finora nessuno ha spiegato che trattamento contabile e fiscale applicare a queste perdite. E per le banche è anche peggio».     Perché? «In questo caso perdono due volte. Ne conosco una, ma non le dico il nome, che ha 4 milioni di euro di bond Etruria. Deve svalutarli e dunque iscrivere una perdita in bilancio. Poi deve finanziare il Fondo di risoluzione e quello di tutela dei depositi nati per condividere le perdite dei correntisti. Altra uscita di cassa per la stessa cosa. Penso che ci sarà una drastica riduzione della raccolta con obbligazioni»     Secondo lei di chi è responsabilità? «Prima di tutto bisogna ricordare che nessuna comunicazione, tra l’altro obbligatoria, è stata data dalla Banca sui rischi collegati all’andamento della stessa. Questi prodotti non sono trasparenti. Lo ha detto anche l’Ue. Ora come è possibile che la banca Etruria abbia avuto gli ispettori di Banca d’Italia che ha approvato anche un aumento di capitale e poi improvvisamente il loro valore si azzera? In economia le difficoltà non nascono in tre mesi, e anche nel sistema bancario non può essere accaduto all’improvviso».     Insomma a Palazzo Koch hanno chiuso gli occhi? «Oggi ci sono almeno altre 3 o 4 banche in crisi in Italia. Cosa sta facendo Banca d’Italia? E nelle 4 fallite cosa ha fatto nei mesi precedenti? Penso che o i controlli non sono efficaci oppure vanno modificati. Il commissariamento ha solo accompagnato il fallimento della banca».     Torniamo a lei? Vorrebbe avere una banca? «Io una banca la presiedevo. La mia era anche buona. Nel 2004 Unipol banca ha avuto gli ispettori di Banca d’Italia e, nella scala da uno a cinque, ha preso voto quattro».     Ma quella che voleva comprare per D’Alema e Fassino, la Bnl? «Io volevo comprarla per il Gruppo Unipol. Chiarisco che D’Alema non era materialmente coinvolto nella scalata alla Bnl, certo gli faceva piacere portare una grande banca a sinistra, ma lui non ha competenze tecniche in materia e non aveva voce in capitolo».     Perché andò male secondo lei? «L’operazione dava fastidio. Con la Bnl, la sinistra entrava nel gotha della finanza italiana. Saremmo stati un gruppo con 10 milioni di clienti. A molti poi il presunto rafforzamento di D’Alema nel Pd non andava a genio e dunque una parte dell’establishment remava contro. Senza questi ostacoli la potevamo chiudere: servivano 6 miliardi di euro, e Unipol li aveva cash».     Rimpianti? «Alla fine il Paese ha perso una grande azienda. E io da allora ho avuto 17 assoluzioni».     Ma oggi il Pd una banca ce l’ha? «Ha influenza su quelle esistenti. Ma una sua no».     D’Alema e Fassino cosa le hanno detto? «Non li ho più incontrati. Non mi hanno cercato e non mi sono fatto cercare. D’Alema l’ho incrociato solo una volta nel 2007»     C’è rimasto male? «Insomma. Quando hanno avuto bisogno di me io ci sono stato. Dal 2002 al 2004 ho ristrutturato i debiti dei Ds che erano 300 milioni. Un po’ di gratitudine da Fassino e dal tesoriere Sposetti me la sarei aspettata».     Perché si sono comportati così? «Mi hanno allontanato forse perché erano convinti che avevo agito per interessi personali. Ma tutte le accuse che mi hanno rivolto i magistrati riguardavano il mio ruolo istituzionale nel gruppo».     Ora cosa sta facendo? «Sto scrivendo un libro per fare chiarezza sugli ultimi 20 anni della vita economica del Paese» .     Magari pensa alla politica? «Non mi faccia parlare».     Stanato? «Sono nella terza fase della mia vita. Chissà!»     Destra o sinistra? «Sicuramente sinistra. È la mia cultura ed è nel dna della mia famiglia».     Che pensa di Renzi? «È un grande comunicatore. Ma nelle informazioni che dà non c’è la verità. E poi secondo me non è di sinistra ma un centrista».     Perché appare così poco? «Ho uno strano rapporto con i giornali. Quando sono stato interrogato per due giorni per la Bnl ho chiesto che le televisioni seguissero le mie dichiarazioni. Vennero anche i suoi colleghi della carta stampata. Parlai anche ad esempio di Della Valle che con la Bnl aveva guadagnato 220 milioni esentasse perché fatti con la sua Dorint in Lussemburgo. Un giornalista si avvicinò e mi disse che Della Valle voleva querelarmi. Risposi: "Bene così la magistratura indagherà approfonditamente su questa storia". Da quel giorno nessun giornalista venne più al mio interrogatorio».