Effetto Fed sulle Borse: vanno tutte giù
Anche i mercati e gli operatori avrebbero bisogno di un buon psicologo. Sarebbe anche comprensibile dopo anni in cui i parametri che hanno regolato borse e finanza per lungo tempo siano saltati. E la giornata di ieri è stata l’esempio lampante della schizofrenia di chi muove quotidianamente il denaro tra borse e bond. Il governatore della Federal Reserve Ben Bernanke ha detto una cosa semplice e anche di estremo buon senso. Ha spiegato che per ora continuerà a comprare i bond Usa per iniettare liquidità nel sistema, ma che al raggiungimento di un tasso di disoccupazione al di sotto del 7% e di una inflazione stabile intorno al 2%, gli acquisti si ridurranno progressivamente. Secondo le stime questo avverrà alla fine di quest’anno e lo stop al programma ci sarà «intorno alla metà del prossimo anno». Nulla di più, dunque, di un annuncio che presume che la recessione stia per finire e dovrebbe quindi essere letto in senso positivo da chi compra azioni e dunque pezzi di aziende che si presume facciano utili. E invece no. L’interpretazione data al messaggio, da parte dei mercati europei, è stata esattamente l’opposto. La morfina del denaro facile, che droga costantemente i mercati da oltre dieci anni, è ormai una variabile irrinunciabile per chi compra titoli. Così la sola possibilità che questo flusso di liquidità immenso, e soprattutto facile, si interrompa, anche gradualmente, è stato letta come il distacco della canna dell’ossigeno e la reazione scomposta è stata quella dell’alleggerimento delle posizioni sia sui bond sia sulle azioni. Anche questo comportamento incomprensibile visto che, secondo i manuali, chi vende titoli a reddito fisso perché meno remunerativi investe sul rischio e compra titoli azionari. O al contrario se salgono i tassi di interesse e i titoli di Stato sono iper comprati allora si abbandonano le Borse. Ieri se ne sono andati tutti. L’obiettivo era restare liquidi. Ma per farlo si è venduto tutto il possibile a prezzi decrescenti. Risultato: Borse in rosso dall’Asia agli Usa passando per l’Europa, protagonista del giorno più catastrofico dal 2011con 230 miliardi di euro in fumo. L’onda lunga del pessimismo era partita in mattinata da Tokyo (-1,74%) che ha risentito anche dei segnali arrivati dall’attività manifatturiera cinese ai minimi di settembre e in decrescita, e che si è spostata sui listini di Eurolandia. In picchiata Francoforte (-3,3%) dopo i recenti massimi storici, giù anche Londra (-3%). E in rosso anche piazze che erano state meno contagiate dai «buy» come Parigi (-3,7%), Madrid (-3,41%) e Milano (-3%). Le vendite hanno colpito anche i titoli di Stato dei paesi periferici come l’Italia. Lo spread tra Btp e Bund è salito a 289 punti, in rialzo di quasi venti punti rispetto alla chiusura di mercoledì. Così a piazza Affari sono andate a picco le banche, sensibili alle fluttuazioni dei titoli di Stato nel conteggio del patrimonio di garanzia a dunque con una maggiore limitazione nella concessione dei fidi. Perdite pesanti sono state accusate da Bper (-8%), Bpm (-5,4%), Intesa (-4,6%) e Unicredit (-4%), ma anche industriali come Saipem (-5,1%) e Fiat (-6,6%), Telecom Italia (-4,5%) ed Enel (-4,59%). Tonfo per Rcs (-11%). Tutto negativo in attesa della fine della droga monetaria. Che essendo tale ha obnubilato chi scommette in Borsa. Già, impossibile pensare che il denaro possa essere facile a vita. Il capitale, in qualunque forma venga utilizzato, va ben remunerato. È una regola non scritta ma è sempre statala pietra fondamentale del capitalismo in cui ogni cosa deve avere un valore adeguato. Anche e soprattutto i soldi. Dunque la cura psicologica agli operatori deve passare per il ritorno alle semplici regole di base. Inutile sperare nel prolungamento della droga. In Europa gli occhi sono ora puntati sulla Bce, dopo che il presidente Mario Draghi, ha ribadito che l'istituto manterrà una politica monetaria «accomodante». Dopo Bernanke anche l’Eurotower si troverà sotto ancor maggiore pressione per ulteriori misure non convenzionali. Ma saranno solo palliativi. Il rally di molte piazze ha poco a che fare con l’economia reale e molta con la liquidità pompata dalle banche centrali. Signori si cambia è il leit motiv. Chissà se si comincerà a finanziare le aziende con progetti di lungo termine nell’economia reale. Nell’attesa è da segnalare che oggi è il giorno delle tre streghe in Borsa. Scadono future e opzioni. Gli operatori sono nervosi perché devono liquidare posizioni. E molti dovranno pagare. Oltre allo psicologo servirà anche qualche calmante.